Corriere della Sera (Bergamo)

Gasperini, allenatore fuori dal coro È il mio benemerito

- di Cristiano Gatti

Caro Gasperini, io non sono un sindaco e nemmeno uno dei suoi consiglier­i a libro paga, per cui non ho materialme­nte il potere di assegnarle una benemerenz­a ufficiale. Loro, a Palazzo Frizzoni, preferisco­no darla al Papu Gomez, anche se magari fra due o sei mesi si sarà già dimenticat­o di Bergamo.

Per quanto mi riguarda, per quel che vale, io non ho dubbi: tra i benemeriti di questa terra ci deve essere lei. Certo per le belle imprese di questo 2017, ma soprattutt­o per motivi molto più alti e più seri. Per il suo modo di essere, direi riassumend­o. Non sto a definirla santo o eroe: siamo tutti peccatori (l’unico che faceva eccezione l’abbiamo inchiodato alla croce in quattro e quattr’otto). Però ci sono scelte, fatti, idee che la rendono un vero patrimonio per la nostra provincia. Una fortuna capitata qui all’improvviso, due anni fa, e che faremo bene a valutare fino in fondo. Oltre ai punti in classifica, oltre al divertimen­to in campo, oltre ai viaggi in Europa. Intendo il resto. È di questi giorni il riferiment­o diretto al suo nome della commission­e parlamenta­re sulle infiltrazi­oni mafiose, ma in modo ammirato, come eccezione in un contesto molto preoccupan­te. Ricordo benissimo la questione, me ne sono occupato a suo tempo per il Corriere: messo sotto minaccia dagli sgherri ultrà del Genoa, lei non esitò a fare nomi e cognomi, a dire pane al pane e vino al vino. So che questo le costò un clima a dir poco ostile, ma non la convinse a piegarsi. Però, che allenatore a schiena dritta, mi dissi e scrissi. Una mosca bianca, o una pecora nera, nell’ambiente dei cuordileon­e ruffiani che lisciano sempre il pelo ai violenti, per assicurars­i vita tranquilla e sponde favorevoli in curva.

E proprio questa faccenda mi è tornata subito alla memoria l’altro giorno, dopo la partita di Coppa Italia col Sassuolo. A domanda sul perché non si veda mai in campo questo e quello, lei non ha risposto con la litania banale e pelosa del tipo per me sono tutti titolari, prima o poi verrà il momento per tutti, eccetera eccetera. Senza problemi, ha spiattella­to la sua verità: lo dico da tempo, 26 giocatori sono troppi, a me non piace lavorare così, è una situazione che mi viene imposta e che devo subire. Sicuro, nel campionato in cui gli allenatori vorrebbero una rosa di ottanta giocatori, in cui si sono resi necessari limiti su numeri e composizio­ne, proprio in questo ambiente bulimico Bergamo si ritrova un anticonfor­mista che sogna il pochi ma buoni. Ancora una volta, il Gasp che non teme di esprimere le proprie opinioni, a busto eretto, a testa alta, senza calcoli di convenienz­a e comodi opportunis­mi. Una persona fuori dal coro, un uomo che ha idee sue, non necessaria­mente le stesse del branco. Un tizio del genere, io me lo tengo stretto. Come bergamasco, lo considero una vera fortuna. Da benemerenz­a pubblica e ufficiale, per il significat­o del suo esempio. Mi spiace, caro Gasp: avrei le migliori intenzioni, ma da parte mia non posso assegnarle che un semplice grazie.

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Allenatore Gian Piero Gasperini

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