L’intitolazione del parco a Martin Lutero Una scelta che divide
Caro direttore, il plauso espresso nell’articolo di fondo di domenica all’intitolazione del parco della Trucca a Martin Lutero pare condivisibile solo in parte. Non si negano certo alcuni meriti dell’ex frate agostiniano, primo tra tutti, come ricordava nel suo magistrale saggio su «Vita e Pensiero» il nostro compianto monsignor Alberto Bellini, l’aver affermato con decisione l’autonomia dell’autorità politica rispetto alla Chiesa.
Ma l’intitolazione civica dovrebbe attribuirsi ad una positiva valutazione non tanto della sua controversa teologia quanto del suo complessivo apporto alla costruzione di una moderna
civitas, contributo ritenuto peraltro anche all’interno delle chiese evangeliche piuttosto imbarazzante. «Il governo terreno è un’istituzione divina», dice Lutero; ragion per cui i sudditi devono sempre obbedire, anche se il superiore è un tiranno e ha commesso ingiustizie. «La giustizia vuole che i sudditi stiano tranquilli e sopportino tutto senza rivoltarsi».
E allora se la compagine di sinistra che regge Bergamo ritiene Lutero degno di apologia, butti a mare Matteotti e tutta la Resistenza contro il nazifascismo. E inghiottisca la sua ricetta per ripulire la Germania dalla «piaga giudaica»: dar fuoco alle sinagoghe, abbattere le case degli ebrei, distruggere i loro scritti, confiscare il loro denaro e uccidere i rabbini. (E quando poi Adolph Hitler definirà gli ebrei «vermi che si annidano nei cadaveri in dissoluzione» e passerà a vie di fatto si capisce fin troppo bene chi gli sia stato maestro).
Senza motivazioni più spassionate di quelle finora prodotte, la targa alla Trucca creerebbe solo ulteriori divisioni. Non sembra il caso.