Il Sarpi by night tra musica e dibattiti sul futuro
Chi scegliere per inquadrare la Notte? Plutarco o Terenzio? Greco o Latino? A guardarli sciamare, tra un’aula e l’altra, gli attivissimi sarpini si affinano di più alla famosa massima dello scrittore e filosofo greco: «I giovani non sono vasi da riempire, ma fiaccole da accendere». Perfetta, sì. Tanto più che, su come accenderle queste fiaccole, il dibattito è aperto. Il tema è impietosamente ricorrente e riconduce all’eterno dilemma tra chi esalta la tradizione (e pure traduzione) greco-latina contro chi ne propugna l’inutilità. Rosa-rosae contro Arduino, insomma, rischiano di far cadere nello schema umanisti vs scienziati, cultura vs economia. Una zona erronea che ex sarpini contribuiscono a sminare. Per dire, Andrea Moltrasio, uomo tutto scienza e banca, è uscito dagli alti colonnati di piazza Rosate. E pure il sindaco, Giorgio Gori, tutto tv e politica. O Nando Pagnoncelli, tutto sondaggi e Francesco Micheli, tutto teatro (e allegria). E anche il professor Corrado Cuccoro, tutto lettere e Sarpi dove la sua cattedra è un’istituzione, che è dedito, per l’occasione, a magnificare le gesta di Ercole in una conferenza in Aula Magna. Il programma della serata e due veloci chiacchiere con la professoressa Rosa Salvi, anima dell’iniziativa che per la prima volta arriva nei severi androni di Città Alta, rimettono, però, in pista la massima terenziana: «Homo sum, humani nihil a me alienum puto», sono un uomo, nulla che sia umano mi è estraneo. Se, caro Terenzio, nulla era estraneo a te, figuriamoci a noi che, in questa «Notte del Classico», con la C maiuscola, abbiamo modo di testare la versatilità di sarpini che suonano, cantano e recitano e fanno pure gli scienziati in un Gabinetto di fisica che certi licei scientifici se lo sognano. La loro fortuna è quella di maneggiare gli alambicchi di Lorenzo Mascheroni che era prof del Sarpi e, d’estate, conduceva studi ed esperimenti al Pianone. Adesso è un ristorante, nel ‘700 la sua villa. Il Laboratorio di Scienze è invece il ring su cui si combatte un certamen dibattimentale, su: «Liceo Classico, futuro o passato?». Come nella boxe, si va ai punti, con tanto di «arbiter» che, a insindacabile giudizio, alzeranno o abbasseranno il pollice. Una dimensione leggera si respira poi nella palestra maschile, luogo ideale del contrappasso dove 14 ragazze, teatranti e 2 maschietti (superstiti) mettono in scena l’Ecclesiazuse di Aristofane,sotto l’egida della professoressa Monica Bertazzoli. Sottotitolo: donne al Parlamento. Un irresistibile mix di bizzar- ria e stravaganza datato 2.400 anni fa. Alla faccia di chi dice che le lingue sono morte, (ma i problemi sono da risolvere), le quote rosa tenevano già banco in un’Atene in crisi. Qui Prassagora e le altre donne si travestono da uomini e assumono il comando. Ben fatto. Niente più proprietà privata, zero legami di parentela e l’ingiunzione per decreto, che tutte le donne, anche quelle brutte o anziane, abbiano il diritto a essere amate. Ideuzza perfetta per convincere un elettorato femminile, mentre la serata si conclude con l’inno omerico a Selene. La luna bella si nega al colonnato della scuola. Un liceo che non è di certo una passeggiata, ma che non è nemmeno un Inferno. A proposito. La «Notte del Classico», contro l’idea «pesante» di un Liceo vecchio e polveroso, è stata come uno spernacchio. Concetto che anche il Sommo Poeta aveva chiaro nel XXI Canto. Tutti lo ricordano, il diavolo Barbariccia, «Che avea del cul fatto trombetta». Absit iniuria verbis, sia chiaro.