«In Siberia saremo come bambini davanti all’ignoto»
Per combattere il freddo l’imbottitura migliore è la piuma mentre per l’intimo il materiale migliore è la lana merinos Simone Moro In viaggio Con Moro la compagna di scalata Tamara Lunger e il fotografo Matteo Zanga
Brividi e gelo, in media 52 gradi sotto zero, notti lunghe 19 ore. Simone Moro, che è salito sulla vetta di otto dei quattordici monti da 8 mila metri, parte per la scalata del Pik Pobeda, in Siberia. Un’impresa dove questa volta l’avversario non sarà l’altezza (3.003 metri), ma il gelo. «Non mi piace parlare di sfida e condizioni estreme — dice l’alpinista bergamasco —. Sono parole che devono riferirsi ad altro. Questo è un “estremo di lusso”, è una difficoltà che cerco volontariamente, ed è un lusso poterla cercare». Spinto da cosa? «Dalla voglia di ignoto. Sarà un viaggio-documentario, a contatto con le popolazioni nomadi che incontreremo».
Moro è partito ieri all’aeroporto di Orio con il volo per Mosca Vnukovo della Pobeda Airlines. Con lui, l’alpinista Tamara Lunger, compagna di cordata, il fotografo Matteo Zanga e a Mosca si unirà il reporter italo russo Filippo Valoti Alebardi. Dovranno prendere un altro volo per Yakutsk, poi per la cittadina di Ust’-Nera, poi percorrere 350 chilometri fino a Sasyr in camion. Dopo un tratto in motoslitta, arriveranno in un villaggio di allevatori di renne. Quindi le slitte, trainate dagli animali, li porteranno fin dove è possibile. Infine, resteranno 8 chilometri di scialpinismo fino ai piedi della montagna, da scalare in velocità. «A partire dall’ultima tenda, la salita sarà da fare in giornata, perché non è possibile resistere a lungo a quelle temperature. Dovremo piantare le tende in buche dentro il terreno, per combattere il freddo».
I bagagli pronti per l’imbarco contengono l’attrezzatura tecnica necessaria. «L’imbottitura migliore è la piuma — continua Moro — e l’abbigliamento intimo di lana merinos». E sorride: «Non è escluso che impareremo dalla gente del luogo». Le foto e i video realizzati da Zanga documenteranno tutto. «Mi affascinano queste popolazioni — spiega Moro — e la loro vita quotidiana. Le scuole chiudono solo se la temperatura scende sotto i 50 gradi, altrimenti i bambini ci vanno. Mangiano carne di renna e vendono il latte tagliato a cubi con l’accetta». E ancora: «Alcuni amici alpinisti austriaci, per sopravvivere, hanno comprato giubbotti di renna dalle popolazioni locali. Noi abbiamo ingaggiato una guida del posto e faremo avanti e indietro dal villaggio alla base della parete, finché il meteorologo non ci darà l’ok per la salita». Non mancano attrezzature come telefoni satellitari, strumenti per richiedere istantaneamente il soccorso, gps, fornelli a benzina e non bombolette a gas, «perché quelle gelano», scarponi con l’attacco degli sci.
Una delle criticità sarà il buio. Lì, a febbraio, quando inizierà la salita, ci saranno 5 ore di luce al giorno. «Un conto è iniziare a scalare e poi ritrovarsi al sole e al bel tempo — continua Moro —, un altro è restare al buio. Il buio mette paura e noi andiamo in luoghi sconosciuti. Saremo come bambini». E aggiunge: «Al di là dell’attrezzatura, il fattore umano sarà determinante». Per questo ha scelto con cura i compagni di viaggio. «Con Tamara il rapporto come compagna di cordata si è instaurato nel 2009 — spiega l’alpinista —, e ha dimostrato più volte quanto possono essere forti le atlete italiane». Trentunenne di Bolzano, è esploratrice, campionessa italiana di scialpinismo nel 2006 e campionessa del mondo sulla lunga distanza nel 2009. «Per questa prova mi sono allenata ogni giorno — dice Lunger —, tranne a fine anno, quando sono stata rallentata dall’influenza. Ma in questa salita sarà soprattutto questione di testa. Quando sali, devi capire se vale la pena andare avanti, perché un errore di valutazione può portare rischi enormi». Parlando di Simone, sorride ed esclama: «Andare con lui è un piacere. Ci divertiamo sempre un sacco. È positivo, determinato, ben organizzato. Mi trovo molto bene sia sulla montagna che fuori».
Anche per il fotografo Zanga non è la prima volta con Moro. Certo, sarà la prima volta con questo freddo. «Per l’attrezzatura fotografica userò scaldini chimici — spiega —, e mi interessa documentare il lato umano. Però, per contratto, sui social pubblicheremo foto del backstage, ma le immagini e i video ufficiali non usciranno prima dell’autunno». Moro ha già preso accordi con Rizzoli per scrivere il suo prossimo libro. «Si parte — conclude l’alpinista —, per tornare, e per raccontare una storia».