«Da sei mesi ero armato»
L’uomo confessa: «Ho comprato l’arma perché avevo paura».
Deve essere iniziato tutto da qui, da questo appartamento con il balcone trasformato in discarica: i panni stesi in modo sciatto, i sacchi pieni di rifiuti e a pochi passi una cappelletta che non potrebbe sembrare più triste. Sono le palazzine che la Dalmine aveva fatto costruire in centro al paese per il suo cinquantenario, nel 1956. Fabrizio Vitali ogni tanto ci andava. «Parcheggiava là». L’indice del ragazzo nigeriano punta verso la rastrelliera per le biciclette. Non vuole dire come si chiama, nemmeno l’età, ma sulla coinquilina uccisa propone una serie di dati tutti suoi: che non faceva la prostituta, che si chiamava Esther Eghianruwa, «come ha scritto questo giornale» ed estrae l’articolo fotografato col telefonino. Poi che aveva una sorella, ora accorsa dalla Germania, e che l’uomo che frequentava (Vitali) prima di costituirsi si è precipitato nell’appartamento per fare sparire il suo passaporto.
Sono tutte circostanze smentite categoricamente dalle indagini. Eccetto una. Il manovale di Bottanuco, 61 anni, da sabato in carcere per omicidio volontario, bazzicava in via Cinquantenario, dove la vittima dormiva dal 2015. È tra quelle mura, in un ambiente al limite del degrado e della legalità, che potrebbe avere maturato l’idea di armarsi. Le autorizzazioni gli erano state rilasciate dalla questura sei mesi fa, quando già erano iniziati i problemi di soldi. Vitali era disoccupato da tempo. Dopo la morte della madre, il febbraio scorso, aveva perso anche la sua pensione e non riusciva più a pagare l’«amica», che frequentava ogni settimana da due anni. Aveva iniziato a temere lei e il contesto che la circondava, avrebbe spiegato a caldo dopo l’arresto. Secondo gli accertamenti dei carabinieri della compagnia di Treviglio, coordinati dal pm Letizia Ruggeri, le continue richieste economiche avrebbero fatto degenerare il rapporto fino al raptus di sabato mattina nella stanza 24 dell’hotel Daina. Non proprio raptus, sempre per gli inquirenti. A Vitali, che oggi in carcere sarà interrogato dal gip Marina Cavalleri, è contestata anche la premeditazione.
In albergo si erano incontrati venerdì sera. Vitali era arrivato per primo e aveva parcheggiato la sua Vespa nel garage della struttura. Sofia Sony, 37 anni, nigeriana, clandestina, fotosegnalata in passato durante alcuni controlli anti prostituzione proprio lungo l’ex statale 525, lo aveva raggiunto in bici. Esther Eghianruwa era uno dei suoi alias, quello che usava per registrarsi alla reception, dove pensavano facesse la badante. L’autopsia di ieri, con numerosi conoscenti ma nessun parente nella sala di attesa del Papa Giovanni, non ha fatto emergere nuovi elementi. La procura ha firmato il nulla osta alla sepoltura, mentre i carabinieri sperano di risalire alla famiglia attraverso l’ambasciata. Sofia era stesa sul letto, sveglia. Vitali ha impugnato la sua Glock 9X21 e ha sparato un unico colpo, alla testa. Sia l’ogiva sia il bossolo sono stati recuperati. Subito dopo, il manovale ha fatto scattare l’allarme con il 118. È anche sceso, ha preso il motorino e lo ha parcheggiato all’esterno. Ma poi è rientrato, ha avvertito il personale che stava per arrivare l’ambulanza e con la pistola in mano ha aspettato i carabinieri in corridoio.
La versione Dopo l’arresto, a caldo, l’indagato avrebbe parlato di continue richieste economiche