Cori razzisti contro Koulibaly Oggi il verdetto, la Curva rischia
Curva chiusa — magari con la condizionale come accaduto al Verona dopo i cori razzisti a Matuidi a inizio gennaio —, sanzione oppure nulla? Oggi è prevista la decisione del giudice sportivo sul caso che durante la partita di domenica ha coinvolto una parte della tifoseria atalantina e il giocatore senegalese del Napoli Koulibaly ( foto a sinistra). All’indirizzo del difensore, durante i festeggiamenti per il gol di Mertens, sono partiti slogan razzisti e il calciatore è stato anche sfiorato da una bottiglietta, che un compagno di squadra ha raccolto mostrandola al direttore di gara. Il gioco è ripreso solo dopo le rassicurazioni dell’arbitro Orsato, che ha preso nota della vicenda, lasciando intendere che sarebbe finita all’attenzione del giudice. Intanto, a proposito di accuse di razzismo, in questo caso presunte, prosegue un’altra diatriba sull’asse Bergamo-Napoli. Il movimento neoborbonico, guidato a Napoli da Gennaro De Crescenzo, ha infatti evidenziato in una sua nota post partita, che due tifosi partenopei si sono presentati al Comunale di Bergamo con una bandiera delle Due Sicilie e uno striscione con il volto di Francesco II di Borbone ( foto a destra), «grande re, umile, riservato, buono e profondamente cristiano»: questa la definizione del sovrano data dai neoborbonici. Striscione e bandiera, con tanto di scritta «assenti presenti», hanno rappresentato una risposta, secondo il movimento napoletano, allo striscione che un atalantino aveva esposto al San Paolo in occasione della sfida di Coppa Italia del 2 gennaio, quando andò in scena una storica impresa atalantina. Su uno striscione nerazzurro c’era il volto di Cesare Lombroso, l’antropologo e studioso che teorizzò l’«anti meridionalismo» secondo i neo borbonici. In realtà, secondo più tifosi atalantini sui social, l’intenzione non era affatto quella di esporre il volto di Lombroso, ma di uno dei fondatori dell’Atalanta. Un errore, perché il volto stampato sullo striscione era in effetti quello dell’antropologo, ma non c’erano, secondo gli atalantini, intenti razzisti.