«Così restituisco sorriso e denti ai ritratti d’autore»
È il sorriso più enigmatico della storia dell’arte. Di tutta. Appena accennato e proprio per questo misterioso, si svela sul volto del ritratto più celebre, la Monna Lisa di Leonardo da Vinci. Quell’angolo della bocca, rivolto all’insù, sarebbe l’indicatore della «“contentezza» che il dipinto ispira in chi lo guarda. Ma che cosa si nascondeva dietro quell’espressione? In questo caso, l’interrogativo non si pone da una prospettiva psicologicosemantica, piuttosto da quella ortodontica della celeberrima dama. Più semplicemen- te: che dentatura aveva la Gioconda? Se anziché a bocca chiusa, il genio toscano l’avesse ritratta con le labbra socchiuse, con un sorriso aperto, che cosa avremmo visto? La questione percorre e si innerva nell’iconografia ritrattistica di tutta la storia dell’arte, perché non sembrerebbe esserci traccia di personaggi più o meno noti del passato, ritratti con i denti in bella vista. «Apertis dentis», diciamo. Ci riflette anche il conservatore dell’Accademia Carrara, Giovanni Valagussa: «È possibile che le dentature dei personaggi che si facevano ritrarre fossero,come dire, lacunose. Un tempo non c’era il trapano, quindi se un dente faceva male si toglieva, fermo restando che si mangiava meno zucchero e quindi i denti si cariavano con minor facilità. È probabile, però, che tra un incisivo e un canino si aprissero delle “finestre”, orrende dal punto di vista estetico», osserva Valagussa che sorride all’idea.
L’idea in questione, appunto, è venuta a Giovanni Macrì, il dentista dei vip, ribattezzato il «Bottura dei denti», (c’è chi esprime l’italica creatività tra pentole e fornelli e chi, invece, tra amalgama e ponti ), che ha pensato bene di «rivisitare» alcuni capolavori mondiali della pittura e di ridare a questi personaggi, seri e finanche tristarelli, un sorriso inedito e bianchissimo. «Era un pensiero ricorrente — spiega Macrì dal suo studio di Bergamo, osservando alcuni provini dell’originale progetto che finirà in un libro con contributi letterari di Vittorio Sgarbi — guardavo i capolavori senza riuscire mai a intra- Renoir Il ritratto di Eugène Murer (1877) firmato da Pierre-Auguste Renoir, tra i massimi esponenti dell’Impressionismo. Nella foto in alto l’originale e sotto la «rielaborazione» di Giovanni Macrì con bocca aperta e denti vedere un accenno di dentatura oltre le labbra». Per forza, i denti saranno stati ammalorati e le dentiere non erano ancora state inventate. O forse, chissà, ridere in un ritratto era segno di una sguaiata inopportunità. O ancora, altra spiegazione, non c’era proprio niente di cui ridere. «Così, con l’aiuto del computer, studiando la fisionomia del viso di ciascun ritratto, l’anatomia e la mimica facciale, ho svelato la dentatura nascosta». Si tratta di un lavoro certosino che sta impegnando Macrì dalla scorsa estate, e per capire quanto sia accurato basta dare un’occhiata alla diversità e all’originalità con cui i personaggi sono stati dotati
Il particolare del volto del Giovane uomo in rosso di Raffaello (1550-1510), conservato al J. Paul Getty Museum di Los Angeles, nell’originale ha la bocca chiusa in un sorriso tra l’enigmatico e il gentile di arcata dentaria. Alcuni hanno denti piccoli, altri lunghi e, a prima vista anche lievemente imperfetti. Un concetto nel quale si riconosce la «dentosofia» del dottor Macrì che fa delle imperfezioni un punto di forza della sua odontoiatria.
«Ci sono due tipi di sorriso, uno statico e l’altro dinamico — osserva — è come se accostassimo la perfezione classica di Canova da un lato all’asimmetria moderna di Mirò dall’altro. Entrambi sono dei capolavori, ma la bellezza spesso è a metà tra questi due antipodi. Io opero seguendo questo concetto, anche nella consapevolezza che il sorriso ha soppiantato lo sguardo». Macrì, che è tra i fautori della telegenia del sorriso, rimanda ai tempi moderni, quelli di Instagram, di Facebook, dei social in generale per spiegare come una dentatura perfetta, bianchissima sia molto più accattivante di uno sguardo magnetico.
Insomma, nella partita occhi vs denti, vincerebbero questi ultimi perché più degli occhi, «il sorriso è lo specchio di un animo felice», afferma. Un fattore estetico che Macrì abbina anche a quello di una salute orale cui puntare con crescente sensibilizzazione (ad esempio, in network con altri colleghi, applicando tariffe ridotte a favore di meno abbienti un giorno alla settimana). Le idee non gli mancano. L’ultima pensata dell’eclettico Macrì si chiama «Nice to meet you», una app con cui due cellulari potranno scambiarsi istantaneamente i dati. Genio italico senza confini (dentali e tecnologici).