Lo spirito zigano di Brahms
Kavakos affronta il celebre Concerto per violino con la Filarmonica della Scala
«L’ho già suonato qui con la Filarmonica. Era il 17 dicembre 2006, prima di me Vengerov aveva interpretato il Concerto di Beethoven, poi assieme affrontammo il Concerto per due violini di Bach. Fu una serata straordinaria». La ricorda bene Leonidas Kavakos, straordinario violinista che riporta il Concerto di Brahms alla Scala: stasera prova aperta in favore del Policlinico (ore 19.30, biglietti € 5-35, tel. 02.465.467.467), domani per la stagione principale della Filarmonica (ore 20, € 5-105, tel.
02.72.00.36.71). Sul podio ci sarà Myung-Whun Chung, che completa il dittico brahmsiano con la seconda sinfonia, coeva al concerto e affine per tonalità e atmosfere. «A Lipsia l’ho suonato e inciso con Chailly e la Gewandhaus: lì avvenne la prima esecuzione assoluta del concerto, il 30 dicembre 1877; alla prima prova mi si è avvicinato un orchestrale porgendomi un foglio: era la fotocopia della locandina di quella serata, c’era scritto: “Nuovo manoscritto diretto da Johannes Brahms – concerto per violino suonato da Joseph Joachim”. S’immagini l’emozione di trovarmi nello stesso luogo con la stessa orchestra».
Tutti i più grandi violinisti dell’ultimo secolo si sono confrontanti col capolavoro brahmsiano, ognuno attraverso una prospettiva sua propria; per Kavakos «l’elemento fondamentale per capire quest’opera è quello zigano. Già nel primo movimento emerge lo spirito folk ungherese: non tanto nell’eroico ingresso del solista, ma nel secondo tema, quello che segue il “tutti” a piena orchestra: qui ascoltiamo qualcosa di assolutamente zigano». Spirito e ritmo «che irrorano e colorano tutto il finale, che va considerato una vera e propria Danza Ungherese». Per il cinquantenne ateniese non è solo un riferimento erudito, «ma concerne il senso dell’arte. Oggi sembra che le persone siano sempre più considerate dei numeri, elementi di funzioni finanziarie e produttive, ma così ci si dimentica il valore della vita umana. La musica folk invece non lo dimentica, mette al centro la vita umana distillandola nota dopo nota».