LE CARTE TRUCCATE SULL’EMA
Con in più, tanto per sgradire, l’indigesto corollario di un ventilato aumento (35%) del costo dell’affitto rispetto alle previsioni del dossier di candidatura. Un pasticcio in apparenza molto all’italiana, in realtà maledettamente all’olandese. Secondo: le modalità del sorteggio. Come sia andata il 20 novembre nella riffa persa da Milano dopo il pareggio, 13 a 13, all’ultimo turno di votazione già si sa. Anzi non troppo. Nel senso che il pescaggio del bussolotto vincente si è svolto in modo semiclandestino, precipitoso e durante la pausa caffè. E se a qualcuno è venuto a posteriori il legittimo scrupolo di controllare e ricontare le schede del beffardo pareggio non può essere accontentato: sono state bruciate, come da (bizzarra) procedura. Terzo: il giudice a cui è stato affidato il ricorso di Milano, che chiede come misura cautelativa di sospendere l’assegnazione, è di nazionalità olandese. Lo prevede l’automatismo della turnazione, d’accordo. Ma ogni tanto bisognerebbe che in questi meccanismi diabolici venisse inserita anche qualche rotella del buon senso e dell’opportunità. Ci fermiamo qui, per non annoiare il lettore e non perché i punti oscuri siano esauriti. Ce n’è comunque d’avanzo per mettere sul tavolo oltre all’indignazione di un Paese che si sente beffato, il prestigio delle istituzioni europee. Il 22 febbraio la Commissione ambiente dell’Unione andrà in missione ad Amsterdam per verificare lo stato reale delle cose. È il primo passo importante. Poi a metà marzo toccherà all’Europarlamento ratificare o meno l’assegnazione dell’Ema. È lì che entrerà in gioco la più autorevole delle «Var». Da rivedere con scrupolo al rallentatore ci sono le azioni di un match che vale 1,5 miliardi di indotto (giova ricordarlo). E se c’è ancora un giudice in Europa, la partita va rigiocata. Con Milano che mette la palla al centro.