Corriere della Sera (Bergamo)

Festival al via con Mekas, il gigante del cinema

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Jonas Mekas, 95 anni, è l’energico ciclope del cinema indipenden­te internazio­nale, che ha elevato New York a palcosceni­co, inventore della Nouvelle Vague americana, mentre il suo studio è da sempre una tappa obbligata per qualsiasi artista si rechi Oltreocean­o. Nella sua lunga carriera ha reso omaggio a chi è transitato nella sua vita, per noi star inarrivabi­li, per lui amici intimi. Mekas, lei è nato a Biržai, in Lituania, come è arrivato negli Stati Uniti?

«Dopo la Seconda Guerra Mondiale sono finito in un campo di sfollati vicino ad Amburgo per 5 anni. Alla fine del 1949 l’organizzaz­ione per i rifugiati delle Nazioni Unite portò me e mio fratello Adolfas a New York. È stata una grossa fortuna, di cui sono molto grato agli angeli, credo in loro. Ho provato a fare il regista, ma in realtà non lo sono mai diventato. Mi piacciono le riprese, sono piuttosto un “filmer”. Ho iniziato a girare 3 mesi dopo essere arrivato nella metropoli e lo faccio ancora. In questo momento, non uso una macchina da presa, ma una piccola fotocamera digitale tascabile». Quali registi italiani ama? «Mi piacciono Rossellini, Ermanno Olmi e Tonino De Bernardi. Ma anche Pasolini, Fellini, Antonioni e molti altri meno conosciuti. Purtroppo, non ho possibilit­à di vedere cosa viene realizzato in Italia, non ci sono più cinema a New York che mostrino i vostri film». Negli anni ‘60 ha insegnato i trucchi del mestiere a Andy Warhol Che ricordi ha?

«Ci vorrebbe un libro per scriverli tutti. Abbiamo lavorato insieme per anni. Quando l’ho conosciuto, non aveva mai fatto un film. Più tardi, ho presentato in anteprima molti dei suoi lavori e sono stato il cameraman di “Empire”. Era un ragazzo eccezional­e, sempre disponibil­e quando avevo bisogno di supporto per la Film-makers cinematheq­ue e poi per l’Anthology film archives. E, naturalmen­te, era un grande regista». Altri suoi amici sono stati Salvador Dalì e John Lennon.

«Dalì arrivò nel mio studio una sera, senza essere stato invitato. Voleva conoscere la nuova generazion­e di artisti. Il mio studio, che era anche la mia casa, era sempre affollato, era uno dei posti frequentat­i da registi, poeti, musicisti. Con Dalì diventammo amici. L’ho aiutato in alcuni dei suoi simpatici progetti. Lennon l’ho incontrato grazie a Yoko Ono, che conoscevo dal 1960. Era amica di George Maciunas, fondatore del movimento artistico Fluxus e mio amico da quando lui aveva 17 anni». Cosa pensa del cinema attuale?

“Due ottime opere indipenden­ti sono “Paterson” di Jim Jarmusch e “Lady Bird” di Greta Gerwig, ma il pubblico preferisce i noiosi film di Hollywood. Gli Academy Awards di quest’anno sono la migliore prova di quanto soporiferi siano oggi le pellicole commercial­i. Penso che i filmati più interessan­ti si trovino su internet». Cosa la spinge a lavorare ancora? «La musa del cinema». (r.s.)

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