Corriere della Sera (Bergamo)

IL SINDACO E IL POLITICO

- di Riccardo Nisoli

Giorgio Gori ha scelto la via più attendista: prendersi i tre mesi che la legge gli consente prima di decidere se fare il consiglier­e in Regione o continuare il mandato di sindaco, unico modo per contare qualcosa. Certo la frase «fra qualche giorno deciderò», pronunciat­a a caldo dopo lo spoglio, non è stata felice: la sua Bergamo si sarebbe aspettata qualcosa di più. Ora che si è reso conto che lasciando il Pirellone perderebbe la regia dei giochi politici dell’opposizion­e (dai programmi alla scelta del capogruppo), dice che farà entrambe le cose, poi si vedrà. Prestando il fianco alle critiche di una Lega che lo accusa di tenere il piede in due scarpe. Difficile credere che il temporeggi­are di Gori, fatti salvi i nobili propositi, non sia condiziona­to da un quadro nazionale in continua evoluzione. Mentre i suoi lo vorrebbero a Palafrizzo­ni per consolidar­e quel dato cittadino che lo ha staccato di un punto sul neo governator­e Fontana, magari correndo per le Comunali del 2019, indiscrezi­oni lo darebbero addirittur­a pronto per candidarsi a un ruolo di spicco nella segreteria nazionale Pd, dove vorrebbe esportare il suo celebrato «modello Bergamo». Una strada non senza incognite, visto che nel frattempo a Roma è spuntato un «modello Zingaretti», vincente e capace di unire i dem con Liberi e uguali, contrariam­ente a quel che è successo in Lombardia (perdenti e in ordine sparso). Gori ha dato prova di essere un manager di successo e un sindaco capace, certamente più del Gori politico.

Quando a giugno dell’anno scorso il centrodest­ra iniziava a pigliare tutto, forse avrebbe dovuto fiutare l’aria. E il fatto di ritrovarsi unico candidato a sfidare il potente centrodest­ra lombardo (in crescita in tutti i sondaggi), avrebbe dovuto suggerirgl­i qualcosa. Ma l’idea di fare l’impresa o, comunque, di acquisire crediti, ha prevalso. Dicono i detrattori che il peggior nemico di Gori sia l’ambizione. Fosse rimasto al suo posto senza passare da una sconfitta regionale sonora e prevedibil­e, avrebbe avuto più chances. Ma al netto delle presunte-legittime ambizioni del sindaco, ogni giorno in più di attesa prima di scegliere su quale poltrona stare, rischia di logorare il buono che resta del suo «modello Bergamo».

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