IL SINDACO E IL POLITICO
Giorgio Gori ha scelto la via più attendista: prendersi i tre mesi che la legge gli consente prima di decidere se fare il consigliere in Regione o continuare il mandato di sindaco, unico modo per contare qualcosa. Certo la frase «fra qualche giorno deciderò», pronunciata a caldo dopo lo spoglio, non è stata felice: la sua Bergamo si sarebbe aspettata qualcosa di più. Ora che si è reso conto che lasciando il Pirellone perderebbe la regia dei giochi politici dell’opposizione (dai programmi alla scelta del capogruppo), dice che farà entrambe le cose, poi si vedrà. Prestando il fianco alle critiche di una Lega che lo accusa di tenere il piede in due scarpe. Difficile credere che il temporeggiare di Gori, fatti salvi i nobili propositi, non sia condizionato da un quadro nazionale in continua evoluzione. Mentre i suoi lo vorrebbero a Palafrizzoni per consolidare quel dato cittadino che lo ha staccato di un punto sul neo governatore Fontana, magari correndo per le Comunali del 2019, indiscrezioni lo darebbero addirittura pronto per candidarsi a un ruolo di spicco nella segreteria nazionale Pd, dove vorrebbe esportare il suo celebrato «modello Bergamo». Una strada non senza incognite, visto che nel frattempo a Roma è spuntato un «modello Zingaretti», vincente e capace di unire i dem con Liberi e uguali, contrariamente a quel che è successo in Lombardia (perdenti e in ordine sparso). Gori ha dato prova di essere un manager di successo e un sindaco capace, certamente più del Gori politico.
Quando a giugno dell’anno scorso il centrodestra iniziava a pigliare tutto, forse avrebbe dovuto fiutare l’aria. E il fatto di ritrovarsi unico candidato a sfidare il potente centrodestra lombardo (in crescita in tutti i sondaggi), avrebbe dovuto suggerirgli qualcosa. Ma l’idea di fare l’impresa o, comunque, di acquisire crediti, ha prevalso. Dicono i detrattori che il peggior nemico di Gori sia l’ambizione. Fosse rimasto al suo posto senza passare da una sconfitta regionale sonora e prevedibile, avrebbe avuto più chances. Ma al netto delle presunte-legittime ambizioni del sindaco, ogni giorno in più di attesa prima di scegliere su quale poltrona stare, rischia di logorare il buono che resta del suo «modello Bergamo».