I FURTI E LE URNE
Bisogna riconoscere al vicesindaco Sergio Gandi di non essere mai stato abituato a dichiarazioni di mero calcolo elettorale. Dopo le multe («Cresceranno») e il parking di via Fara («Non sempre amministrare significa fare scelte popolari»), giusto per citare un paio di esempi, ora l’assessore alla Sicurezza propone un’analisi autocritica del voto delle Politiche e delle Regionali in chiave cittadina, nonostante le percentuali raccolte a Bergamo dal Pd e dagli alleati siano l’unico dato positivo del crollo datato 4 marzo. Sostiene Gandi che la giunta in carica e le forze che la sostengono devono stare attente, perché da alcuni quartieri arrivano segnali di penalizzazione, a suo avviso proprio sul fronte sicurezza: si tratta di quelle zone della città che, più di altre, hanno subìto furti a raffica. Gandi sposa così l’ottica leghista, con i sindaci e i loro assessori considerati i principali responsabili della sicurezza dei cittadini. Non è così per l’ordinamento italiano, che affida il potere preventivo e repressivo sul territorio alle forze di polizia di competenza ministeriale, e non certo solo alla locale. Ma forse lo è ormai in modo consolidato per l’elettore medio. E anche nel Pd è difficile sottrarsi a quello schema. Non guasterebbe, però, a Sergio Gandi e a un centrosinistra spesso masochista, ricordare agli stessi elettori quali siano le vere competenze in materia e quale carenza di organico paghino la polizia e i carabinieri. Soprattutto dopo una tornata elettorale che spedirà a Roma un numero record di parlamentari leghisti.