Con l’autocritica post voto il Pd fa il pienone Riva, dimissioni congelate
La reazione del Pd al disastro elettorale del 4 marzo è una serie di assemblee con alta partecipazione: se il consenso nelle urne fosse stato proporzionale alla sala piena della Casa del giovane, dove giovedì sera si è ritrovato il Partito democratico bergamasco, i risultati da commentare sarebbero stati ben altri. Invece, visto il 20% appena sfiorato in provincia, Gabriele Riva si è ritrovato a leggere una lunga relazione improntata all’autocritica più profonda e amara dei suoi nove anni da segretario. Tra le righe, c’è anche la preoccupazione per Palazzo Frizzoni, per il quale si parla di «eventuale ritorno a tempo pieno» di Giorgio Gori. Una sconfitta tanto pesante da spingere Riva a mettere le proprie dimissioni sul tavolo. La situazione è un po’ paradossale: il segretario era già stato prorogato — come tutti i provinciali, per le Regionali — e dopo due mandati è pronto a lasciare. Siccome però il congresso locale non si terrà prima dell’autunno, è di fatto costretto a rimanere. Ora si apre una fase di confronti nelle varie zone della provincia, difficilmente qualcuno chiederà la testa di Riva per anticipare un processo che si annuncia complicato. Il progetto dell’ultima maggioranza congressuale prevedeva che l’attuale vicesegretario Davide Casati salisse alla guida del partito. Visto il terremoto ancora in corso tra i dem, il piano potrebbe cambiare. In realtà non è facile trovare un profilo alternativo, né gruppi che si vogliano impegnare per costruirlo. L’ipotesi che il segretario cittadino Federico Pedersoli si esponga — retto da un asse Bergamo-Valseriana — non è da escludere. Ma prima di tutto andranno verificati gli equilibri conseguenti alla sfida per la segreteria nazionale, che in questo momento vede in campo solo Nicola Zingaretti.