Spela Cadez: «Così i miei pupazzi raccontano la realtà (senza lamentarsi)»
Pupazzi che recitano, esprimono sentimenti e si muovono in modo tridimensionale, come fossero attori. I corti di Spela Cadez ( foto) sono gioielli del cinema d’animazione. La regista e produttrice di Lubiana, classe 1977, incontrerà il pubblico del Bergamo film meeting, che le ha dedicato un focus, oggi alle 17, al bookshop di piazza della Libertà. Colpisce che l’autrice sia cresciuta in Jugoslavia, dove allora i cartoni erano centellinati e provenienti in gran parte dall’Est Europa. «Sono stati, comunque, impulsi forti — racconta la Cadez —. Mi sono laureata in graphic design, annoiandomi parecchio, all’Academy of media arts di Colonia mi è capitato di seguire un corso di animazione che mi ha spalancato nuovi orizzonti: potevo lavorare con le mani e allo stesso tempo sul fronte artistico e cinematografico. Se fossi rimasta in Slovenia, non avrei mai fatto questo mestiere». La puppet animation in stop motion è una tecnica che precede l’uso del computer e affascina perché fonde la magia e la fantasia del mondo animato alla preparazione di marionette e mini set. Gli scatti danno allo spettatore l’illusione del movimento. Un lavoro che sembra semplice, ma che in realtà è complicatissimo e costoso. «Ci vuole una squadra al lavoro per due-tre anni per realizzare un film che dura una decina di minuti», precisa la regista. Un esempio è «Orange is the new black - Unraveled», l’ultimo suo filmato, commissionato dalla Netflix, che riassume le prime quattro stagioni della famosa serie tv. «Avevamo un mese e mezzo di tempo per animare 23 pupazzi in 22 set ci sono voluti due gruppi, al lavoro sedici ore al giorno per due settimane», precisa Spela. Il suo corto più famoso è il poetico e surreale «Boles», che ha ricevuto oltre 50 premi e nomination in tutto il mondo, in visione oggi alle 14.30, in auditorium. La pellicola è tratta dal racconto «Her lover» del russo Maxim Gorky e narra l’incontro tra uno scrittore in crisi di ispirazione e una prostituta, vicini di casa, in un quartiere degradato. Lei gli chiederà di battere a macchina una lettera per il suo fidanzato. In «Nightwalk», invece, un poliziotto tenta di scansare da una strada buia un tasso che sembra morto, ma è ubriaco. Il metodo, in questo caso, è la cutout animation. «L’effetto è bidimensionale, puoi utilizzare ritagli di carta, stoffa o altri materiali, a me piace dipingere e vedo più possibilità di sviluppo», aggiunge l’animatrice. Da dieci anni, la Cadez lavora in una casa di produzione indipendente slovena. Ma spesso guarda all’Italia. «Apprezzo Bruno Bozzetto, che non sapevo fosse bergamasco, Gianluigi Toccafondo e Roberto Catani, avete una vera new wave», dice. Ma non ha mai pensato di far recitare personaggi in carne e ossa? «No, il mio compagno è un attore, ma a me piace esplorare l’arte visiva — sorride —. E poi i pupazzi non si lamentano, né si arrabbiano o avanzano pretese. È facile gestirli. Sono sempre a tua disposizione».