Corriere della Sera (Bergamo)

Milano sulle barricate

Nuova edizione illustrata per il classico di Cattaneo «Le Cinque Giornate»

- Marta Ghezzi

Dobbiamo ammetterlo: le abbiamo dimenticat­e. Solo pochi, veri cultori della storia, saprebbero citare senza esitazioni luoghi e nomi (e ovvio, posizionar­le nel giusto anno e con la giusta cronologia). Per tutti gli altri, le Cinque Giornate di Milano rimangono una nebulosa, pagine studiate a scuola, mai più rinfrescat­e. «L’unica vera rivoluzion­e del popolo in tutto il Risorgimen­to, fondamenta­le per l’identità milanese, e ce la perdiamo per strada così», lamenta lo storico Pietro Esposito, a capo del servizio Storia locale del Sistema biblioteca­rio milanese. Bisognava rimediare. Così, in occasione del 170° anniversar­io (ricordiamo le date: 18-22 marzo 1848), arriva in libreria una nuova edizione del volume di Carlo Cattaneo «Le Cinque Giornate. Dell’insurrezio­ne di Milano nel 1848» (edizioni Meravigli), che verrà presentato con un reading e proiezioni di immagini martedì 20 al Museo dei Martinitt e giovedì 22 alla Biblioteca Sicilia. Si tratta di una versione ridotta, che riporta solo la prima parte dedicata alla rivolta milanese. «Cattaneo scrisse queste memorie, in prima battuta in francese, successiva­mente curò la traduzione in italiano, mentre era in esilio a Parigi, nel settembre del ‘48. La narrazione non si blocca alla cacciata del maresciall­o Radetzky, ma prosegue fino alla prima guerra d’indipenden­za » , spiega Esposito, che firma la prefazione del libro e ne ha curato il ricchissim­o apparato iconografi­co. «Per rimettere al centro la sommossa cittadina, che coinvolse davvero tutti, tantisprim­e sime donne, il clero, pretini e alti prelati, gli aristocrat­ici, era giocoforza fermarsi alla fuga degli austriaci da Porta Tosa».

Storia, e per lo più firmata dal Cattaneo. Non è per tutti. «E invece sì, il testo è piacevole, certo la scrittura è quella di un uomo dell’Ottocento, ma vibra di passione», sottolinea lo storico. «È un racconto in presa diretta, sembra di essere lì a seguire, ora dopo ora, l’evolversi della situazione: le barricate, i colpi dei tiratori scelti, i cosidetti cacciatori tirolesi, dal Duomo, la ritirata al Castello. E ancora l’eroismo di Luisa Battistott­i Sassi, il rifiuto dell’armistizio, Luigi Torelli che al termine corre a issare il tricolore sulla Madonnina».

Cattaneo, per chi non lo rammentass­e, rimase estraneo alla rivoluzion­e fino alla terza giornata. Poi assunse il comando del Consiglio di Guerra e diventò protagonis­ta della cacciata degli Austriaci. Il libro, pur trasudando patriottis­mo — è palpabile il sentimento di superiorit­à che Milano avvertiva nei confronti dei Piemontesi —, non è diventato un best seller. Esposito ha la risposta pronta: «Tutta colpa del Manzoni, che lo stroncò dicendo che sapeva di carbon fossile. Il giudizio influenzò i critici, Dante Isella, però, lo avrebbe voluto nella collana Meridiani Mondadori». Riflette e svela: «Ci sono frasi diventate famose. Una su tutte, quella sulla cattura del conte Luigi Bolza, l’odiato capo della polizia, nemico del popolo. “Se lo condannate fate una cosa giusta, se lo liberate fate una cosa santa”».

Pro e contro Il testo, pur stroncato all’epoca dal Manzoni, è di lettura piacevole e vibra di passione civile

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Ferro e fuoco Nella foto grande, barricate a Porta Tosa. Sopra, divisa speciale della Guardia Nazionale

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