Corriere della Sera (Bergamo)

CARO SINDACO TI SCRIVO

- Di Cristiano Gatti

Ciao sindaco Gori, sono Bergamo, la tua città, sempre che il nome ti dica ancora qualcosa. Mi vedo costretta a scriverti perché parlarti di persona sta diventando un’impresa. Da mesi non ci sei mai, sei sempre di sfuggita, del genere questa casa non è un albergo. Mi sento sedotta e abbandonat­a. Una volta non era così. Difficile per me dimenticar­e gli inizi della nostra storia: eri galante e pieno di riguardi, mi coprivi di attenzioni e di carinerie. Dovevo saperlo, la passione a un certo punto svanisce e si libera posto per tanti altri sentimenti: magari l’amore vero, ma anche noia, stanchezza, pigrizia. Io non so adesso che cosa ti frulli nella zucca, ma certo sentirti raccontare in giro che non riesci a decidere tra me e la Regione, ecco, te lo devo proprio dire, è qualcosa che mi umilia. Per me non è cambiato niente: io ho sempre più bisogno di cure e di attenzioni. Qui c’è un sacco da fare. Bisogna farlo bene, presto. Ma se tu continui a macerarti nel tuo tormento amletico, il nostro legame non ha futuro. Questa stessa incertezza trascinata nel tempo è già la prova provata che nei tuoi confronti non esercito più alcun fascino. Sento che saresti pronto a mollarmi per la prima che capita, se non è Milano magari è Roma. L’idea che torni a casa solo per ripiego, perché non trovi niente di meglio in giro, offende la mia dignità. «Ho i miei tempi», dici per giustifica­re il tiraemolla. Sappi che anch’io ho i miei. E non è detto che coincidano. Può essere che quando ti deciderai, sarò io a non volerti più. Se trovi la serratura cambiata, sai perché.

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