Corriere della Sera (Bergamo)

Lezioni sul campo, per la vita «Così Mondonico ci ha salvato»

Umiltà, spirito di squadra, fiducia e tenacia: le quattro lezioni di vita del mister ai suoi ragazzi «difficili»

- Di Donatella Tiraboschi

Umiltà, spirito di squadra, fiducia e tenacia: ecco le quattro lezioni di vita di Emiliano Mondonico ai suoi ragazzi «difficili», che ora raccontano quello che hanno imparato. Per loro, il mister — scomparso una decina di giorni fa — aveva fondato una squadra, l’Approdo. E c’è anche un gruppo di amici, tifosi dell’Atalanta, che nel 2007 hanno invitato il «Mondo» all’addio al celibato di uno di loro. Volevano portare il «Mondo» in pizzeria, ma il mister ha rilanciato, invitando tutti nella sua cascina Brusada a Rivolta d’Adda.

Il filo rosso che unisce i destini, legandoli, comincia a dipanarsi da una fotografia scattata quando Simone Bolzoni era una giovanissi­ma promessa del Milan: ala sinistra, piedi veloci, testa di più. Quel giorno, insieme alla targa come miglior giocatore di un baby torneo, era riuscito anche a strappare una foto: «Per Simone con simpatia». Firmato: Mondonico». Quella mano del mister poggiata sulla spalla di un bambino che sognava di diventare come Kakà, si sarebbe trasformat­a, di lì a qualche anno, in uno scappellot­to. Affettuoso, s’intende, come un modo energico di salutarsi e di riconoscer­si in una vicinanza complice. Mondonico, infatti, ritrova Simone a Rivolta d’Adda, nel dipartimen­to di prevenzion­e e scienze riabilitat­ive delle dipendenze dell’ospedale locale, diretto dal professor Giorgio Cerizza. «Ti ricordi di me, mister?». Il calcio è lontano, San Siro è rimasta una chimera in una vita che, come un pallone, è rotolata male. Come un tiro svirgolo che non tocca nemmeno la traversa e va dritto al cielo. «Seri problemi di droga», chiarisce Simone, chiamando le cose con il loro nome. Senza diaframmi. Il ricovero, la terapia, giorni durissimi. Ogni mercoledì al campo, però, ci si allena. Si gioca.

Il Mondo, fuori dal guado del secondo intervento contro la «bestia» del tumore, ha impiantato una squadra fatta di uomini e donne che, tirando calci ad un pallone, possano riprendere il gusto della vita, lasciandos­i alle spalle difficoltà serie. Si chiama l’«Approdo», il porto dove attraccare dopo il marasma. Simone, e non solo lui, rimette gli scarpini. «Vado in campo e faccio lo sbruffonce­llo. Eh, no caro — mi riprende il Mondo — così non funziona. In porta non ci vai da solo, ti metti a servizio degli altri e li fai segnare, hai capito?». Mondolezio­ne numero uno: «Ho imparato il significat­o della parola umiltà».

Mondo-lezione numero due: «Nella vita occorre fare squadra». Lo spiega Marco Fortuna che quel primo giorno agli ordini di Mondonico ce l’ha stampato in testa. «Ero infastidit­o dal suo modo di fare». Non è una novità. Chiedere a molti dei suoi ex giocatori che riconoscer­anno come questo fosse il suo modo di fare: farti incazzare per tirar fuori il meglio. Anche Marco dai piedi buoni, con il pallone, ci sa fare. Al Mondo basta vederlo muoversi un quarto d’ora per richiamarl­o dalla panchina: «Mi spiace, ma tu non giochi. Puoi accomodart­i, mi dice. Esco scornato. Ma come? Mi lasci fuori?». Più tardi Mondo lo prende in disparte e gli spiega: «Prima viene la squadra, poi vieni tu. I dribbling solitari non servono a nessuno.Per vincere bisogna mettersi a servizio degli altri». Marco doveva vincere la sua partita contro la dipendenza da cocaina e la Mondo-lezione di allora ha fatto di lui, centrocamp­ista puro, anche un ottimo difensore. «È lo spirito di servizio, se serve un centrale di difesa e non ce l’hai, devi metterti in gioco, anche in un ruolo che non è tuo. Se si vince, si vince tutti insieme».

Anche Nicola Brusa aveva fatto un provino all’AlbinoLeff­e, quando Mondonico era il mago della prima squadra seriana. Portiere, perché i ragazzini sognano in modo biunivoco: o di segnare o di parare i gol. E fa niente se poi non riesci a salvare il risultato dalla droga e da una ludopatia che rivela Nicola: «Mi stava facendo perdere tutto. Me stesso e quelle passioni che avevo sempre coltivato». Il calcio era una di queste. Con lui il Mondo ha lavorato di cesello. Non ha smontato un ego smisurato con panchine punitive, ma ha fatto leva su altro. Mondo-lezione numero tre: «Non perdere mai la fiducia in se stessi e nei propri mezzi», chiarisce Nicola che al mister di Rivolta ascrive il merito di averlo rimesso in porta. «Mi disse: sei bravo, si vede che ti piace e quindi rimettiti in gioco». Nicola ha rimesso i guantoni su quelle mani che, secondo il Mondo, sono in grado di fare i migliori cappuccini del paese. Il mister andava a far colazione in quel bar dove Nicola ha rimesso in carreggiat­a la propria vita. Rivolta, il paese della rinascita per tutti. Per Simone che, a 39 anni, ha realizzato il sogno di metter su casa, per Marco che a 29, operaio a Treviglio si porta dentro un’esperienza «per non ripeterla più». E pure per Nicola, anche lui ventinoven­ne che con le sue manone, la settimana prima che morisse, ha servito al Mondo un gelato. «L’ho visto ed ero quasi intimorito. Capivo che stava male e ho cercato di mostrarmi distaccato, perché mi dispiaceva vederlo così. Che fai, mi dice lui, non mi dai neanche la mano? Guarda che io non mollo». Quarta Mondolezio­ne, appunto: «Non mollare». Mai.

❞ Eh, no caro, mi riprende il Mondo, così non funziona. In porta non ci vai da solo, ti metti a servizio degli altri e li fai segnare, capito? Simone Bolzoni

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Emiliano Mondonico insieme a un ospite della comunità L’Approdo e (a destra) Simone Bolzoni
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Foto ricordo Nella foto grande, da sinistra, Simone Bolzoni, il professor Giorgio Cerizza, Mondonico e un amico. Sotto, nella foto di gruppo, Bolzoni è il primo a sinistra di Mondonico ( in secondo piano), Marco Fortuna è il terzo da sinistra (con la...
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