Trenord, dramma ormai quotidiano
Il 25 gennaio è deragliato un treno. Dopo il 25 gennaio è deragliato tutto. Da episodio occasionale l’incidente s’è cronicizzato. Per ragioni ancora oscure, s’è incancrenito in un disastro permanente. Non fa morti e feriti. Ma cancellazione dopo cancellazione fa a pezzi la pazienza dei pendolari. E massacra quel poco di reputazione di cui ancora godeva il servizio su rotaia. In un primo momento ci poteva stare. Gli scambi di Pioltello, invasi da marziani in tuta bianca, sembravano un set di Csi e andava concesso alla magistratura il tempo necessario per accertare le cause della sciagura. A tutto vantaggio dei viaggiatori che potevano rendersi conto di come funzionano le cose. Per esempio è stato rassicurante scoprire che un binario sul punto di cedere era stato «sistemato» facendolo appoggiare su una tavoletta di legno. Il metodo, già sperimentato nei bar per bloccare il classico tavolino traballante, non ha però dimostrato la stessa efficacia su un binario battuto da 500 treni al giorno. Tre povere donne ci hanno lasciato la pelle e oggi i loro cari forse sanno con chi prendersela. Esaurita la fase investigativa era però lecito attendersi una ripresa regolare del traffico. Addio. L’onda di disservizi seguita al deragliamento ha mosso le correnti sindacali. S’è scoperto che Trenord oltre alla carenza di mezzi ne ha una di uomini e spreme quelli che ha oltre i limiti di legge. Macchinisti e capitreno hanno ridotto gli straordinari ed è iniziata l’ecatombe di treni. Trenord nel 2018 compie nove anni. Forse sono troppi.