«Aveva paura della mafia»
Caravaggio, negli atti del fermo la testimonianza del prete di Rho che ha prestato l’auto a Novembrini
La testimonianza di un sacerdote sull’uomo che ha ucciso il fratello.
Nelle carte giudiziarie, la criminalità organizzata appartiene al passato della famiglia Novembrini di Gela, ritenuta affiliata al clan Madonia. Ma, sebbene in termini di sospetti e ipotesi, è sullo sfondo dell’omicidio di Carlo Novembrini, 51 anni, ammazzato dal fratello Maurizio, di 44, con due colpi di pistola nella sala giochi di Caravaggio. Nell’ordinanza con cui ha tenuto in carcere l’omicida, il gip Federica Gaudino cita le sue confidenze al sacerdote di Rho che spesso gli prestava la Fiat Panda, usata anche quella sera, mercoledì. Maurizio Novembrini, gli aveva detto, temeva che il fratello Carlo «lo volesse morto per mezzo di altre persone legate alla malavita organizzata, senza specificare però i motivi», è scritto nell’ordinanza. Al gip, nell’interrogatorio, non ha più parlato di altre persone ma solo del fratello: lo minacciava da anni, lo voleva rovinare.
Che in questa faccenda familiare ci sia di mezzo la malavita secondo il giudice non è un’ipotesi campata in aria; al contrario, scrive, è «compatibile con i precedenti penali e le origini di Novembrini e con l’atteggiamento omertoso della sua famiglia». Le numerose mancate spiegazioni hanno colpito il pm e i carabinieri: sentiti per sommarie informazioni la sera stessa dell’omicidio, i familiari avevano parlato di cattivi rapporti tra i due fratelli, ma senza spiegarne i motivi. Una chiusura che ha colpito anche il gip: «Il contesto familiare in cui è maturata la condotta delittuosa in esame, unitamente all’atteggiamento omertoso di tutti i parenti escussi rendono concreto, altresì, il pericolo di inquinamento delle prove». Francesco Novembrini, il figlio ventisettenne della vittima, non è escluso da questo modo di agire. Si era disperato sul piazzale della sala slot, dopo aver saputo che il padre era stato ammazzato. Una volta sentito dai carabinieri, però, «ha definito addirittura buoni i rapporti con l’indagato e la vittima», evidenzia il gip. Molte cose non tornano agli inquirenti. E al giudice, nemmeno. Motivo per cui il gip ritiene che, se uscisse dal carcere, il fermato «non esiterebbe» a minacciare i suoi familiari perché non raccontino quello che potrebbero sapere.
Sulla responsabilità dell’omicidio non c’è molto da provare: il filmato è inequivocabile, le telecamere hanno ripreso gli spari a bruciapelo. Il nodo, piuttosto, potrebbe essere la premeditazione. Il pubblico ministero Gianluigi Dettori la contesta sulla base dal fatto che Maurizio Novembrini fosse arrivato armato (non era solito andare in giro con la pistola) e abbia sparato in rapida successione due volte al fratello e una alla compagna di lui, Maria Rosa Fortini, 40 anni, di Sergnano (Cremona). Gli inquirenti l’hanno definita un’esecuzione. Ma questa aggravante (le altre sono la parentela e l’uso della pistola) sarà probabilmente al centro della discussione della difesa, l’avvocato Paolo Birolini.
Il filmato mostra la fase della sparatoria ma non tutta quella precedente, quando cioè i due fratelli si sono incontrati nella sala slot. L’omicida dice di aver reagito all’atteggiamento del fratello, prima a parole e poi con una colluttazione. Le testimonianze possono aiutare a capire. Carlo Novembrini ha detto al fratello: «Che minchia guardi?» in siciliano. E c’è chi ha sentito Maria Rosa Fortini urlare a Maurizio Novembrini: «Smettila, ragiona, usa la testa».
Invece l’assassino ha premuto il grilletto quattro volte (tre spari, un colpo si è inceppato). «Ho combinato un disastro, ho
Nella sala slot Un testimone riferisce di aver sentito la Fortini mentre tentava di far ragionare il cognato
sparato a mio fratello e alla sua compagna», ha confidato al sacerdote al quale è andato a restituire l’auto. Gli ha detto di non sapere se li avesse uccisi e ha telefonato alla moglie per informarsi. Ma questo fa a pugni con una scena filmata. Dopo aver sparato si avvia verso l’uscita ma poi torna indietro e si abbassa sul fratello. Per controllare, sembra, se fosse morto.