Palumbo, il nuovo talento sfornato dalla Remer
Basket Il nuovo talento della Remer, protagonista anche in Nazionale. E in WhatsApp ha una frase di Roosevelt
La storia si ripete, scorrono le stagioni ma Treviglio resta una fucina inesauribile di talenti. A distanza di 4 anni dall’exploit di Diego Flaccadori, un altro giocatore della Remer si impadronisce del palcoscenico nel torneo Schweitzer di Mannheim che è una sorta di Mondiale Under 18. Stesso numero di maglia (12), stesso ruolo (playmaker), stessa età (17), stessa capacità di crivellare la retina con continuità: sono tanti i tratti in comune che Mattia Palumbo ha con l’attuale giocatore di Trento. Se nel 2014 i 16,9 punti di media di Diego trascinarono l’Italia all’oro, la scorsa settimana Mattia è stato determinante nel bronzo conquistato dagli azzurri viaggiando in doppia doppia di media (17,1 punti e 10 rimbalzi).
«Sono molto soddisfatto — commenta l’esterno che compirà 18 anni il 23 settembre —. Non ho approcciato l’esordio nel modo giusto (5 punti contro la Cina, ndr) ma poi ho cambiato faccia. Quando ho iniziato a segnare tanto, è diventato tutto più facile». Le due gare più belle sono sbocciate contro gli Usa (26 punti e 17 rimbalzi) e nella finale 3°/4° posto contro la Russia (32 punti e 15 rimbalzi): «Le statistiche non sono la prima cosa che guardo, ma non avrei mai pensato di poter raggiungere queste cifre. Pur essendo un esterno, sono stato il miglior rimbalzista del torneo e non era per niente facile. Ho giocato in ruoli diversi ma mi sento un play, mi piace avere il pallone in mano». La sua produzione offensiva si è basata soprattutto sul tiro da fuori: 2,4 triple realizzate a partita, quasi tutte confezionate con lo «step back», il passo indietro che serve per creare separazione tra l’attaccante e il difensore. «Quel modo di tirare mi viene naturale sin da bambino — continua Palumbo —, quando entro in ritmo si allarga il canestro. Seguo più l’Nba che la Serie A o l’Eurolega e
❞ Seguo più l’Nba che la Serie A o l’Eurolega, il mio mito è Lebron James. Per lo step back il migliore di tutti però è James Harden
cerco di prendere spunto dai loro movimenti. Il mio idolo è Lebron James ma quel tipo di tiro lo fa benissimo James Harden. Ho imparato lo “step back” vedendo giocare mio cugino e mia cugina Gaia Gorini, che è nella Nazionale femminile». Come status di WhatsApp Palumbo non ha scelto una strofa di un rapper, come ci si aspetterebbe da un adolescente, ma una frase molto impegnativa di Roosevelt: «È molto meglio osare cose straordinarie piuttosto che vivere nel grigio e indistinto crepuscolo che non conosce né vittoria né sconfitta». «La trovai in un articolo che mio padre mi fece vedere — precisa —. Racchiude il mio modo di pensare: bisogna sempre cercare di fare qualcosa fuori dal normale. Il rischio di montarsi la testa? Non c’è, tutti dicono che sono umile e nessuno alla mia età può permettersi di essere arrogante solo per aver fatto bene un torneo. L’Nba? È un sogno, mai mettere limiti alla provvidenza, ma è davvero difficile».
Mattia dà l’impressione di essere un ragazzo molto più maturo della sua età: «Se dicessi a 17 anni che il basket è la mia vita sarei esagerato ma per questo sport ho lasciato Roma, la mia città, e se non gioco sto male. Comunque sto facendo lo scientifico a Caravaggio e mi iscriverò all’università: bisogna sempre avere un piano b». Dopo il tour de force con l’Italia, Palumbo punta a un gran finale di stagione con Treviglio che stasera gioca il recupero contro Napoli: «In Germania ho fatto vedere che il 20% da 3 con la Remer non mi appartiene. 12’ di media? È l’utilizzo giusto, forse se avessimo fatto un torneo più tranquillo avrei giocato di più ma alla mia età avere questo spazio è già tanta roba. I 21 punti contro Trapani? Se me l’avessero raccontato un anno fa non ci avrei mai creduto».
Se dicessi a 17 anni che il basket è la mia vita esagererei. Studio allo scientifico di Caravaggio e mi iscriverò all’università