Corriere della Sera (Bergamo)

Spari contro la casa di un imprendito­re «È estorsione»: 5 anni

- (a.d.l.)

Secondo l’accusa il suo obiettivo era quello di trovare nuovi clienti, con le buone o le cattive. Per questo motivo Antonio Macrì, 27 anni, oggi agli arresti domiciliar­i, la sera del 2 dicembre 2016 aveva sparato quattro colpi di fucile calibro 12 contro la casa dell’imprendito­re Paolo Perletti, a Foresto Sparso. Ieri è stato condannato a cinque anni. Il giovane calabrese, titolare della Autotraspo­rti H24 di Bolgare, puntava a collaborar­e con la Tranor di Perletti, e dopo il suo rifiuto erano partiti i proiettili a pallini contro porte e finestre. Un tentativo di estorsione, secondo il pubblico ministero Carmen Pugliese. Non secondo la difesa, avvocato Gianluca Quadri, perché quell’episodio degli spari non era legato a richieste precise. E il reato contestato avrebbe potuto essere derubricat­o in minacce. L’ha pensata diversamen­te il giudice dell’udienza preliminar­e Vito Di Vita. Macrì (il padre scomparso nel nulla anni fa e un cognato detenuto per associazio­ne mafiosa) è stato condannato anche per detenzione illegale di armi e ricettazio­ne, perché proprio il fucile utilizzato a Foresto risultava rubato in Calabria (nella foto). Imputati con lui c’erano anche tre suoi collaborat­ori della società di Bolgare. Bartolomeo D’Amico, Giuseppe D’Amico e Francesco Bellissimo. Dopo la denuncia di Perletti, probabilme­nte intuendo di essere sotto controllo, il giovane calabrese aveva chiesto ai tre di nascondere le armi: respingend­o l’ipotesi di un concorso in detenzione, il gup ha chiesto alla procura di indagare per favoreggia­mento.

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