«Gli enti pubblici facciano un esame di coscienza»
Il trevigliese Daniele Ferri è stato confermato alla guida di Confcooperative servizi e lavoro Lombardia (ex Federlavoro): in un’intervista riflette sulle inchieste e le criticità che spesso riguardano il mondo delle coop. «Anche chi ci chiede servizi si faccia un esame di coscienza».
È convinto che la cooperazione abbia tutte le carte in regola per rappresentare una delle forme imprenditoriali vincenti del domani. Nel contempo proprio sulle regole intende giocare il suo prossimo mandato dichiarando guerra alle cooperative fasulle ma anche a chi le ingaggia. Marco Daniele Ferri, trevigliese di 46 anni, vice presidente di Confcooperative Bergamo venerdì è stato confermato alla guida di Confcooperative lavoro e servizi Lombardia (l’ex Federlavoro) che riunisce 356 cooperative per 13.364 lavoratori e un giro d’affari di 429 milioni di euro. Un mondo articolato, dalla mobilità alla logistica, dai servizi all’ambiente, dalla manifattura alle case di riposo. «Partiamo da un dato di fatto — dice Ferri —. abbiamo retto la crisi meglio di altri e l’occupazione nelle nostre associate è cresciuta. La cooperativa è un’impresa e il socio ne è l’imprenditore: partecipa alla sua vita e sviluppo, alla formazione del capitale sociale e al rischio d’impresa, ottenendo uno stipendio giusto» Però le cooperative hanno fama di pagare meno i lavoratori.
«Noi applichiamo i contratti nazionali siglati insieme ai sindacati più rappresentativi. Altri non so. Il punto è che non tutte le cooperative sono uguali, come non lo sono tutte le srl».
Già quando la Guardia di Finanza individuò nella Bassa 14 cooperative fasulle lei chiese di andare avanti sui controlli, ma di non fare di tutta l’erba un fascio.
«Sono le cooperative oneste le prime vittime di chi non rispetta le regole perché utilizza contratti di lavoro che vengono da chissà dove, senza poi parlare di chi non paga i contributi o non versa l’Iva. Un esame di coscienza però lo devono fare anche le aziende che affidano i contratti. Non si può puntare tutto sul risparmio esasperato. Come per le offerte miracolistiche in Internet, è chiaro che poi qualcosa non va. Vale nel privato ma anche nel pubblico. Ci sono appalti aggiudicati con il 63% di sconto, poi non ci si può lamentare se fanno solo il 47% del lavoro». E allora cosa si può fare?
«Dove c’è un’impresa finta c’è anche, probabilmente, un committente che nella migliore delle ipotesi si tura il naso. La proposta che lanciamo è quella della responsabilità solidale tra committente e fornitore. Già ora se uno vuole può capire facilmente che tipo di cooperativa ha di fronte. Quelle iscritte alle associazioni di categoria ogni due anni sono sottoposte a revisione. Per i non iscritti il controllo è statale e non a caso in molti dei casi di cronaca le cooperative coinvolte sono o erano nate da meno di due anni». A Bergamo però una cooperativa storica come la Legler è in crisi.
«Prima del modello d’impresa conta chi la gestisce. Vale anche in questo caso: dove c’è responsabilità è delle
persone che hanno sbagliato, magari in buona fede, a programmare. Quella della Legler è una situazione che ha colpito tutto il mondo cooperativo e ci spinge come associazione a riflettere. C’è anche un problema di dimensioni. In questi anni stiamo assistendo a un mondo cooperativo che si ripensa, anche tramite le aggregazioni. In un ambiente economico più competitivo anche i nostri associati sentono il bisogno di dotarsi di competenze tecniche». La forma cooperativa può reggere la sfida del futuro?
«Ne sono convinto. Dodici anni fa presi l’azienda di pulizie lasciatami da mio padre e ne feci una cooperativa: eravamo 9 soci, ora siamo in 40. Oggi i ragazzi sognano di fondare una start-up che sia comprata da Google ma magari creando una cooperativa possono evitare il precariato. Il manifatturiero è un settore dove si può fare molto: a Colere, in una zona difficile per l’occupazione resiste da 36 anni la Elvas, che produce pannelli a led. Molte crisi industriali si possono affrontare facendo acquisire l’azienda ai lavoratori con il work by out. A Treviglio ha appena chiuso la multisala Ariston lasciando a casa 18 dipendenti. Mi metto a loro disposizione: perché non creare una cooperativa che prenda la gestione del cinema?».
Daniele Ferri Trevigliese, 46 anni, è presidente di Confcoop lavoro e servizi Lombardia
Non si può puntare sempre sul risparmio esasperato. Dove c’è una coop finta probabilmente c’è anche un committente che si tura il naso