Sotto l’occhio delle telecamere Come Taricone
Resta il fatto che non resistetti alla tentazione di fargli una proposta: «Senti, a Bergamo stanno per installare delle telecamere di sorveglianza. Perché non fai un intervento e dici che ne pensi? In fondo, chi meglio di te può testimoniare come ci si sente a stare sotto un obiettivo per 24 ore al giorno?». Pietro accettò, prese un aereo da Roma e registrammo un monologo a casa mia. E poi organizzammo una conferenza stampa. Fu una cosa molto divertente e spiazzante. Pietro, con la sua faccia da impunito, iniziava celebrando la funzione positiva della videosorveglianza, ma pian piano l’ironia prendeva piede, fino alla proposta conclusiva, estesa alla cittadinanza: «Bergamaschi, se davvero volete vivere quotidianamente sotto l’occhio delle telecamere, almeno fate come me: fatevi pagare». A tanti anni di distanza, nessuno ormai batte ciglio. Le telecamere sono dovunque. Che servano davvero, è questione secondaria. La prospettiva si è rovesciata: la gente vuole essere vista, come testimonia il successo dei social network che ci informano, anche visivamente, su qualsiasi scempiaggine. Il fenomeno è tale che si è arrivati a un paradosso imprevedibile: perfino chi compie un reato ci tiene a farlo sapere. L’ultimo caso a Ciserano, due giorni fa: un gruppo di minorenni ruba la statua di una Madonna da un tabernacolo di strada e la distrugge. Pensano di nascondere il misfatto? No, ci mancherebbe. Mettono un filmato su Instagram e li beccano subito. Chissà quante risate si fa Pietro Taricone da lassù.