I CONFINI VIOLATI
Nell’ipotesi più blanda Giuseppe Berera è un sindaco che ritoccava rendiconti per ottenere i fondi della Regione e amministrava il Comune e la controllata degli impianti di risalita, il bene più prezioso del territorio, come fosse roba sua. Le fatture taroccate le ha confessate davanti al pubblico ministero più di un anno fa, ma d’altra parte lo inchiodavano le carte. La gestione «bereracentrica» era sotto la luce del sole, lo è stata per un decennio senza che nessuno sollevasse la questione. Magari tanto, velenoso sibilare, ma proteste zero. Forse il problema di fondo nella vicenda Brembo Super Ski (Bss) è proprio questo. Sarà anche un furbo, Berera, ma nemmeno la legge lo ha ostacolato. Ha senso mantenere in vita Comuni di 200 abitanti dove le figure devono per forza sovrapporsi, i controlli praticamente non esistono e i sindaci possono governare per 15 anni di fila? È compatibile il ruolo di primo cittadino con quello di presidente di una società pubblica? Colpisce, dalle indagini, come Berera, eletto nel 2004, amministrasse il paese, la controllata, persino la partecipata dell’affare Belmont come se per lui non esistessero confini, senza neanche preoccuparsi più di tanto di celare le continue «invasioni» del sindaco nei Cda e del manager in giunta. Era la prassi. «Ha gestito il pubblico come se fosse privato, ma con tutti i difetti del pubblico», riassume uno degli investigatori che ha messo la testa sui fascicoli. Il risultato è un buco da 20 milioni.
Dalle leggi dalle maglie larghe alla realtà, l’andazzo a Foppolo non è stato di certo intralciato né dalla politica, su cui sarebbe meglio stendere un velo pietoso, né da chi orbitava attorno alle seggiovie: per l’accusa, alcuni si lasciavano imbonire attraverso favori, magari anche assunzioni sulle piste, altri stavano zitti per timore di ritorsioni. In ogni caso, che il personaggio Berera abbia una sua forza è lì da vedere. Ammesse le truffe, è tornato al timone come se nulla fosse. E nonostante i domiciliari, ha atteso che fosse la Prefettura a sospenderlo, con la sua maggioranza che non vuole sentire parlare di dimissioni. Tutti, tranne uno. Ieri Giuseppe Carletti ha fatto un passo indietro, «per opportunità», dice. Come dargli torto. Ecco l’altra morale della storia. Le cose possono cambiare. Il primo a dimostrarlo è stato Franco Musati, il consigliere di Carona che, due mesi prima dell’incendio, quando il suo Comune stava per infilare 700 mila euro nella già decotta Bss, ha convinto gli altri dire «no». E ha fatto saltare la giunta. Sarebbero stati altri soldi persi e forse oggi saremmo ancora convinti che i debiti dell’Alta Valle dipendono dal meteo e dagli scarsi aiuti pubblici.