Corriere della Sera (Bergamo)

«Ubi, nessuna cabina di regia»

Ancora spazio alle repliche delle difese. Verso la sentenza, venerdì prossimo

- Giuliana Ubbiali

In un passaggio del suo diario Italo Lucchini, secondo quanto sostenuto ieri in aula al processo Ubi dal suo avvocato Roberto Bruni, aveva citato la scelta di Giovanni Bazoli di non costituire una «cabina di regia» per governare la banca. Un passaggio, secondo Bruni, che smentirebb­e l’ipotesi di patti occulti.

Italo Lucchini lo aveva detto nell’interrogat­orio del 9 marzo 2017 al pm Fabio Pelosi: «Leggete tutti i miei appunti». Solo così, fu il suo invito, avrebbe avuto una visione di insieme delle 650 pagine di annotazion­i (25 sotto la lente dei finanzieri) con nomi, incontri, chi disse che cosa, oltre a valutazion­i personali.

Ieri, alla penultima tappa della maxi udienza preliminar­e (venerdì 27 aprile è prevista la sentenza) ai vertici di Ubi Banca l’avvocato del commercial­ista, Roberto Bruni, ha rimesso l’argomento sul tavolo del giudice Ilaria Sanesi. Questo, per smentire l’ipotesi della Procura di una governance decisa all’esterno della banca tra l’anima bresciana e l’anima bergamasca guidate dal banchiere Giovanni Bazoli e dal cavaliere Emilio Zanetti.

Negli appunti di Lucchini, sostiene l’avvocato, c’è la (ri)prova. Cita un verbale del consiglio direttivo dell’associazio­ne (bresciana) Banca Lombarda e Piemontese in cui Bazoli disse che non voleva costituire una «cabina di regia» come la chiama il pm, perché a decidere era il direttivo. Secondo i finanzieri fu un escamotage per coprire la realtà. Ma Bruni ha ripescato un appunto in cui Lucchini riporta quello che disse Zanetti, confermand­o la scelta di Bazoli.

Domanda: ma a Bergamo che scopo aveva la «Commission­e Zanetti»? Nelle repliche il pm ha ricostruit­o che il 7 settembre 2012 il consiglio direttivo dell’associazio­ne Amici di Ubi diede incarico a Zanetti di formare una commission­e «composta da cinque membri per individuar­e i candidati agli organi collegiali della banca», questo «in vista dell’assemblea soci del 20 aprile 2013». Ha elencato i cinque: Zanetti (fino ad aprile 2013 nel consiglio di sorveglian­za e nel comitato nomine), Lucchini (nel cds), Giuseppe Calvi (nel cds e comitato nomine), Andrea Moltrasio (nel consiglio di gestione e nel direttivo dell’associazio­ne, poi eletto presidente del cds), Armando Santus (nel cds). Ma secondo la difesa questo non prova patti esterni alla banca, dunque parasocial­i. La commission­e era composta da persone con ruoli societari. Altra questione sollevata dalla difesa: se sono state prese delle decisioni sottobanco, dove erano gli altri componenti del cds che non sono finiti tra gli imputati nonostante avessero il compito di segnalare le irregolari­tà? Il reato contestato, ha ricordato, è l’ostacolo alla vigilanza di Consob e Bankitalia.

L’altro principale è l’illecita influenza sull’assemblea del 2013. L’avvocato Pietro Biancato, per Rossano Breno (Compagnia delle Opere) l’ha ridimensio­nata a normale campagna elettorale. Ha citato gli atti in cui Matteo Brivio disse che anche Giorgio Jannone (motore delle indagini) chiese il sostegno della Cdo, senza ottenerlo. La Compagnia puntava sulla lista che avrebbe garantito una banca legata al territorio. In realtà, anche per la (obbligata) trasformaz­ione in spa, ha assunto sempre più un respiro nazionale. Il pm Fabio Pelosi ieri era assente (al suo posto un collega), per impegni. È a lui che l’avvocato Carlo Melzi D’Eril per Mario Cera (vicepresid­ente del cds) rivolge una critica: «Non ha risposto ad alcune obiezioni della difesa, che dunque rimangono e non possono che condurre a un prosciogli­mento».

I voti della Cdo L’avvocato di Breno: «Brivio disse che anche Giorgio Jannone cercò un appoggio»

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In Procura Il 9 marzo 2017 Italo Lucchini (davanti) con l’avvocato Roberto Bruni

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