Vola Tenaris ma si teme una frenata
Spinta nei ricavi dalle commesse Dalmine nel Mediterraneo
Trimestre boom per la Tenaris con ricavi e utili al top. Risultati che sono andati oltre le previsioni degli analisti. L’azienda precisa che parte della crescita è dovuta al «livello eccezionale di spedizioni per gasdotti del Mediterraneo orientale», in cui la Dalmine ha fatto la parte del leone.
Il ritorno dell’attenzione sul mercato petrolifero, grazie al rialzo delle quotazioni, ha portato ad una trimestrale oltre le stime degli analisti per il gruppo Tenaris, multinazionale dei servizi oil&gas che fa capo alla Famiglia Rocca e che ha la Dalmine Spa come «filiale» italiana. I ricavi del gruppo sono saliti nei primi tre mesi dell’anno del 62% a 1,87 miliardi di dollari, con un risultato operativo balzato da 36 a 212 milioni di dollari e un utile in aumento del 14% a 235 milioni di dollari. L’utile è di fatto raddoppiato al netto del beneficio fiscale di 92 milioni legato alla vendita dell’americana Republic Conduit (condotte elettriche in acciaio) contabilizzato nel primo trimestre 2017. I risultati superano le previsioni degli analisti ferme a un giro d’affari di 1,72 miliardi, un risultato operativo di 191,8 milioni e utili per 157,7 milioni.
L’azienda precisa che la crescita dei ricavi è stata favorita da un «alto livello di vendite durante la stagione di perforazione canadese di punta» e da un «livello eccezionale di spedizioni per gasdotti del Mediterraneo orientale».
Su questo ultimo fronte, ha un ruolo importante proprio la Dalmine, con un trimestre a pieno carico, come è stato annunciato l’anno scorso, in particolare per il completamento della produzione dell’ordine da 160 mila tonnellate di tubi per la fase due del giacimento Zohr in Egitto e per quello da 85 mila per il giacimento Leviathan al largo delle coste israeliane. Inoltre le vendite di tubi per l’energia e per l’industria sono salite nel trimestre del 17% a 153 milioni di dollari in Europa, il «mercato domestico» della Dalmine e delle attività romene.
A fine marzo si è ridotta a 557 milioni di dollari, rispetto ai 680 milioni di fine 2017, la posizione finanziaria netta, anche per l’utilizzo di 92 milioni in investimenti (in calo rispetto ai 139 milioni del primo trimestre 2017). Sono compresi i lavori in corso a Dalmine per 32 milioni di euro per il nuovo impianto di trattamento termico dei tubi, strategico per le grandi commesse, che sarà completato entro fine anno.
Qualche nube però si intravede nel futuro. I vertici del gruppo infatti si aspettano nel proseguimento dell’anno un rallentamento delle consegne rispetto al primo trimestre del 2018, anche se questo, è stato sottolineato, «non dovrebbe impattare sul risultato operativo e sull’ebitda che dovrebbero continuare a crescere nei mesi venturi».
I manager di Tenaris hanno inoltre precisato che non è ancora stato definito l’impatto che avranno i dazi all’importazione di acciaio voluti dall’amministrazione Trump che colpiranno le attività europee (e quindi Dalmine). Il gruppo ritiene di essere ben posizionato «per incrementare la produzione nel territorio americano». A questo proposito a dicembre Tenaris Usa, presieduta dal bergamasco Luca Zanotti, già amministratore delegato di Dalmine Spa, ha inaugurato lo stabilimento di Bay City in Texas da 1,8 miliardi di dollari, con capacità produttiva di 600 mila tonnellate.