EFFETTO GASP
Vista l’aria che tira in giro per l’Italia, una squadra di calcio con attivo di bilancio è notizia impensabile come l’uomo che morde il cane, o come la moglie che imbrocca il posteggio al primo colpo. L’Atalanta è così. Come un mondo alla rovescia. Produce ricchezza, cioè utili (27 milioni nel 2017), e soprattutto è una macchina lanciatissima (fatturato da 83 a 148 milioni in dodici mesi). Numeri che valgono più di qualunque trofeo. Rispetto ad altre situazioni articolate e complesse del mondo economico, questo bilancio stratosferico è anche facilissimo da spiegare: direi Effetto Gasp. Il secondo Effetto Gasp. Il primo ce lo stiamo gustando direttamente allo stadio da due anni, con questa squadra di furibondi che va a braccare gli avversari nella loro area e non li molla fin sotto le docce. Il secondo, solo un po’ meno evidente, non per questo meno entusiasmante, si vede nei conti: ragazzini pagati con vitto e alloggio che nel giro di poche partite portano in cassa 25-30 milioni, sponsor molto più innamorati del marchio, pubblico in massa, diritti televisivi in continua salita. Non succede spesso nella storia di una società, ma mai come stavolta è possibile pronunciare una frase lapidaria: l’Atalanta scoppia di salute. E con il grasso che cola, quanto prima si concederà pure uno stadio imperiale, ristrutturando la sua casa di sempre, l’avito Brumana. Qui Bergamo, c’è veramente tutto per essere felici. Solo un tarlo può rodersi malignamente il sublime incantesimo: l’addio del Gasp.