«Città Alta, più equilibrio tra turisti e residenti»
La ricerca utile per il piano particolareggiato
Non esiste un caso anagrafico per Città Alta: la popolazione invecchia come nel resto di Bergamo. Ma bisogna evitare quell’effetto, tipico di alcune città spagnole, di allontanamento dei residenti in favore di un turismo di massa. Queste le conclusioni della ricerca alla base del futuro piano particolareggiato.
«Effetto Malaga da evitare». Cioè, garantire a tutti, residenti, operatori e turisti, un’accessibilità equilibrata (che invece manca in molte città spagnole). Nelle 140 pagine, frutto della ricerca durata un anno da una collaborazione tra il Comune di Bergamo e l’Associazione Nazionale Centri Storico Artistici, e presentata con un abstract, spunta anche questo tra le righe del capitolo finale: ovvero che cosa fare (o non fare) per Città Alta? Le riflessioni pragmatiche seguono, infatti, la fotografia dello stato di salute del borgo antico. Salute demograficamente malmessa per un luogo dove i giovani (dai 20 ai 35 anni) negli ultimi 15 anni sono dimezzati, dove i nuclei famigliari dal 1987 al 2015 risultano in flessione del 24% (sono passati da 3.459 a 2.635 unità) e dove perfino le istituzioni, e cioè le convivenze in istituti religiosi ed assistenziali, sono ai minimi storici: solo 77 residenti. Ma dove, tiene a precisare la ricerca, si invecchia con gli stessi ritmi delle altre zone della città (gli over 65 sono tra il 6 e il 30%).
Il che solleva Città Alta dall’essere considerata un «caso» rispetto ad altri quartieri («va considerato l’intero sistema urbano», ha precisato la responsabile della ricerca, Marika Fior) e anche rispetto ad altri borghi storici italiani. Ma non esime i ricercatori da una valutazione di problemi endemici che, questo sì, ne fanno un unicum straordinario e fragile al tempo stesso. Lo studio ha delineato in modo analitico dati e fattori risaputi, soprattutto in chiave commerciale turistico: affitti elevati, centralità della Corsarola, varietà dei negozi, ma anche rilievi abitativi, dal momento che una miriade di edifici sono in disuso o sottoutilizzati. Per non parlare degli accessi e dei parcheggi, criticità nevralgiche e notorie sulle quali la ricerca mette l’accento cercando di proporre alcuni elementi di fattiva operosità.
Niente di particolarmente innovativo nell’affermare il riordino dei parcheggi, l’individuazione di sistemi di accessibilità controllata e l’adozione di politiche attrattive per i giovani. Semmai un accento utile alla revisione del Piano particolareggiato ormai scaduto su particolari elementi, come i regolamenti urbanistico edilizi che incentivino la suddivisione degli alloggi o la loro riarticolazione funzionale interna. Su tutti, uno dei noccioli duri, anzi durissimi sui quali ciclicamente, anche da parte delle varie associazioni, si torna a battere il chiodo, il sottoutilizzo degli immobili di proprietà religiosa da riqualificare e reimmettere sul mercato.
Gli immobili religiosi Nelle 140 pagine dello studio emerge che sono poco utilizzati e andrebbero riqualificati