GLI EROI QUOTIDIANI
Ci sono seri dubbi che la gente sia davvero stanca di cronaca nera e fatti di sangue, che sogni e brami solo buone notizie. I numeri di lettori e di audience continuano imperterriti a dimostrare il contrario. Ma comunque: abbiamo due bellissime storie e non posso lasciarle cadere nel grigiore della routine. La prima: l’allenatore dei ragazzini del Pontisola ritira la squadra dal torneo di Rozzano perché un avversario ha dato del «negro di» a un suo giocatore. La seconda: in piena zona Bronx di via Bonomelli-via Paglia, un padre di famiglia ferma l’auto, lascia lì moglie e figlia, per buttarsi all’inseguimento di uno spacciatore che sta scappando dagli agenti, missione compiuta con cattura del farabutto. Nessuno darà mai una medaglia a questi due italiani. Ma hanno già qualcosa di molto più importante: per l’allenatore l’ammirazione dei suoi giocatori, per il papà inseguitore quella di sua figlia. Se posso intromettermi, aggiungo la mia personale riconoscenza: non solo per i gesti in sé, ma anche e soprattutto per il messaggio che lanciano. Siamo nel tempo sterile e arido della rassegnazione generale, «ormai è tutto così», «non ne vale la pena», «chi me lo fa fare». Eccoli qui uomini che non si adeguano, che non cedono, che vanno controcorrente. Che si ribellano all’abbrutimento collettivo, riproponendo la semplicità scandalosa della propria morale e della propria responsabilità. Non commetterò l’errore di chiamarli eroi. Non lo sono. Preferisco dire che tutti i ragazzini d’oggi dovrebbero avere un papà e un allenatore così.