Le minacce e la paura dei due bulli Vessazioni svelate da un altro alunno
San Pellegrino, fu un compagno a spiegare al consiglio di classe cosa stava accadendo all’istituto Alberghiero
Aveva paura Marco (nome di fantasia), non voleva parlare, nonostante da oltre un anno subisse continue vessazioni: insulti, schiaffi, pacche violente, prese in giro che sfociavano in offese. E infatti era stato un suo compagno di banco, messo alle strette durante un’audizione in consiglio di classe, a svelare cosa stava accadendo da tempo: «Ci sono due persone che da più di un anno gliene stanno facendo di tutti i colori», aveva detto di fronte agli insegnanti, i dirigenti scolastici e i genitori di Marco. È uno dei retroscena che emergono dalla scuola, l’Istituto Alberghiero di San Pellegrino: è, anzi, l’antefatto della successiva denunce e dell’inchiesta dei carabinieri e della Procura per i Minorenni di Brescia.
Era novembre 2017, sei mesi fa. Pochi giorni prima di quel consiglio di classe, Marco e altri compagni stavano andando in palestra: lui improvvisamente era caduto a terra, non si sentiva bene. E un’insegnante aveva chiamato il 118. L’ospedale di San Giovanni Bianco, per fortuna, aveva diagnosticato solo una lieve contusione. Bisognava però ricostruire cosa fosse accaduto. Uno dei compagni di classe era stato individuato come presunto responsabile di quella caduta, ed era stato chiamato in consiglio di classe a rispondere ad alcune domande. Non mancavano, in realtà, una serie di dubbi sulla sua reale responsabilità, anche perché era tra le persone che risultavano più vicine a Marco, un amico tra i banchi.
Ascoltato dai professori e dai rappresentanti dei genitori, di fronte alla mamma e al papà di Marco che partecipavano alla riunione, aveva svelato che due compagni, praticamente da quando era iniziato il primo anno di scuola (e cioè dalla fine del 2016), ne stavano combinando di tutti i colori contro l’amico. Il papà di Marco, sorpreso, la sera aveva parlato a lungo con il figlio, che gli aveva confermato tutto. E il giorno dopo aveva anche scritto al preside Brizio Campanelli, per informarlo che sarebbe andato dai carabinieri. Era la fine di novembre del 2017 ed era iniziata così la vicenda giudiziaria che
ha portato alle recenti misure cautelari del giudice delle indagini preliminari del Tribunale per i minorenni di Brescia, Laura D’Urbino. I due coetanei di Marco sono stati affidati a una comunità, la procura e il gip non hanno ritenuto sufficiente l’obbligo di farli restare a casa con i genitori.
Secondo il Tribunale i reati, qualificati come lesioni aggravate e stalking, potrebbero ripetersi nell’ambiente scolastico, nonostante da gennaio la principale vittima dei bulli abbia cambiato istituto. Potrebbero
ripetersi perché, dopo quel consiglio di classe in cui tutto era stato svelato, e dopo la denuncia del papà di Marco, i carabinieri avevano raccolto testimonianze di altri compagni che parlavano di vessazioni anche nei loro confronti, anche se in modo più contenuto. I due avevano inoltre manifestato un certo disprezzo nei confronti dell’altro alunno e dei soggetti più deboli: «Ritardato...», lo chiamavano, oppure «Dsa è del cazzo» riferendosi ai «disturbi specifici di apprendimento». E in più c’erano state le minacce,
❞ Se esce il mio nome in consiglio di classe prendi un sacco di botte. Se hai il coraggio parliamone fuori che la risolviamo a mani. Ti ammazzo di botte Indagato
16 anni
molto gravi e stigmatizzate anche dal giudice. «Se esce il mio nome in consiglio di classe fuori da scuola prendi un sacco di botte», aveva detto uno dei due proprio a Marco, quando il muro del silenzio era ormai abbattuto e ai due bulli erano probabilmente filtrate le prime voci di possibili problemi, a dicembre dell’anno scorso. Peggio ancora, in un caso la vittima era stata spinta contro il muro, sentendosi dire: «Se hai il coraggio parliamone fuori che la risolviamo a mani! Ti ammazzo di botte!».
Era solo l’ultima fase delle vessazioni, durate più di un anno secondo le indagini. Convocati anche loro in consiglio di classe, i due accusati avevano anche confermato i fatti e, a gennaio di quest’anno, erano stati sospesi per 15 giorni. Poi la giustizia ha fatto il suo corso. L’interrogatorio di garanzia, in cui i due ragazzini saranno assistiti dagli avvocati Paolo Moretti e Monia Riboli, dev’essere ancora fissato.