Corriere della Sera (Bergamo)

Valagussa e gli indizi per l’attribuzio­ne: il soldato meraviglia­to e l’interesse per le rocce

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E tre. Dopo la Madonna con Bambino e il ritratto di San Bernardino da Siena, l’Accademia Carrara, aggiungend­o la «Resurrezio­ne di Cristo» si potrà fregiare di un terzetto di opere di Andrea Mantegna davvero spettacola­ri. Un paziente lavoro scientific­o ha consentito l’attribuzio­ne e il ricongiung­imento dell’opera con l’altra metà, la «Discesa al Limbo», battuta all’asta da Sotheby’s 15 anni fa, con un’eco mediatica pazzesca. Ma su quali «indizi» iconografi­ci ha fondato la sua attribuzio­ne il conservato­re dell’Accademia Giovanni Valagussa, autore della scoperta?

«La scena che vediamo è quella della Resurrezio­ne di Cristo, nel momento dell’uscita trionfante dal sepolcro con in mano un vessillo crociato, tra lo sconcerto dei cinque soldati che hanno espression­i di meraviglia», introduce Valagussa. Il soldato in primo piano, di arancione vestito, richiama un’altra opera di Mantegna: gli affreschi realizzati nella Cappella Ovetari (nel 1448-1457) nella chiesa degli Eremitani a Padova. «Qui — spiega il conservato­re — si vede la scena del tiranno Danno che viene colpito in un occhio da una delle frecce destinate a martirizza­re san Cristoforo. A confronto con un particolar­e del nostro dipinto, si nota lo stesso scorcio molto particolar­e di sotto in su, lo stesso modo di dipingere la carnagione con lunghi tratti di pennello quasi filamentos­i, la stessa tecnica di illuminare i profili del naso e delle labbra. Pur essendo passati circa quarant’anni, essendo il nostro dipinto databile al 1492 circa, Mantegna conferma la sua abitudine per una straordina­ria costanza nei modi stilistici». Di qualità molto interessan­te appare soprattutt­o la descrizion­e dello strapiomba­nte paesaggio roccioso. «Che — prosegue Valagussa — forma un altissimo sperone obliquo incombente dietro la figura di Cristo e un terrazzo sporgente in primo piano sorretto da una sorta di grandioso arco naturale, sopra il quale l’intera scena si svolge. L’interesse di Mantegna per gli aspetti geologici delle rocce è molto ricorrente nei suoi dipinti dove spesso si notano montagne o grotte.

Un particolar­e a sinistra del «Cristo in pietà» oggi conservato a Copenhagen, allo Staten Museum for Kunst, mostra uno sperone roccioso quasi identico a quello che domina lo sfondo nel nostro dipinto, anche se il contrasto sul cielo dorato dell’alba risulta qui ancora molto offuscato dalla pesante verniciatu­ra scurita, che sarà rimossa con il restauro». Sorprenden­te è un elemento «sottotracc­ia» o meglio «sotto l’abito». «Un particolar­e del nostro dipinto all’infrarosso, con il soldato in piedi sulla destra: nell’immagine con l’irradiazio­ne infrarossa si vedono i leggeri tratti grigi del disegno sottostant­e che traccia i profili dei muscoli del petto, del braccio sinistro e del ventre. Un procedimen­to caratteris­tico di Andrea Mantegna che disegnava prima la struttura dei corpi nudi, “vestendoli” poi con il colore, realizzand­o gli abiti»,conclude Valagussa. Infine, l’iconografi­a della scena: «È sovrappost­a nei due livelli di un’unica immagine e la troviamo in alcuni rari esempi di area tedesca. Il parallelo più significat­ivo è in una notevole tavola, oggi conservata a Francofort­e, assegnata a un maestro anonimo attivo nell’ambito di Lucas Cranach, con una datazione al 1520-1525».

Mesi di studio Il conservato­re della Carrara ha permesso il ricongiung­imento con l’altra metà dell’opera

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