Laura Teani: dopo lo scudetto penso all’università
Pallanuoto Il quarto scudetto, l’addio alla Nazionale, la vita a un anno dall’argento olimpico di Rio Parla Teani, da Stezzano, portiere del Padova: «Il mio prossimo obiettivo? Iscrivermi all’università»
il campionato ha sancito come Torino — sponda bianconera — sia per il settimo anno la capitale calcistica d’Italia, la geografia della pallanuoto femminile ha in Padova il centro più rinomato. Grazie all’inaspettato successo di Firenze contro Catania, le venete sono riuscite infatti ad artigliare lo scudetto per il quarto anno di fila: un filotto storico per la Plebiscito, capace di eguagliare il poker calato proprio dalle siciliane dal 2008 al 2011. E sul gradino più alto del podio, come sempre, è salita anche Laura Teani, il portierone — nonché capitano — di Padova, che nella finale di Firenze è stata decisiva ipnotizzando nel rigore decisivo Rosaria Aiello. «Ci hanno paragonato alla Juventus della pallanuoto femminile, ma questo è un successo diverso: i bianconeri partivano con i favori dei pronostici, noi decisamente no», afferma entusiasta la 27enne di Stezzano.
Forse l’unica analogia con la Vecchia Signora è il rendimento in Europa?
«Sì, in campo continentale non siamo ancora riusciti a centrare il bersaglio grosso, ma il livello in Coppa è altissimo da tutti i punti di vista: ci squadre rodate come Nazionali, con una qualità e un ritmo impressionanti. Vedremo di riprovarci l’anno prossimo».
Tornando in Italia, dopo tre scudetti consecutivi, vi ha dato fastidio che gli addetti ai lavori vi «snobbassero»?
«Non direi, anche perché Catania, grazie a una sontuosa campagna acquisti, era la squadra da battere. Al contrario Padova è partita male: forse nemmeno noi avremmo scommesso sul successo finale».
E invece in finale vi siete trasformate…
«Nella finale ci sono state almeno tre partite: Nel primo quarto siamo state perfette; poi nella parte centrale della gara abbiamo subito il ritorno delle etnee che, quando hanno siglato il gol del 4 a 3, in molti davano per vincitrici; nell’ultimo quarto, però, siamo state brave a reagire, spronate dal nostro tecnico».
Che vi ha detto?
«Non ha parlato di tattica o gioco: ci ha solo ricordato che, dopo una stagione faticosa (chiusa a 13 punti da Catania), avremmo firmato per essere ancora in partita all’ulSe timo quarto della finale scudetto».
Che peso ha questo quarto tricolore nel suo palmares?
«Visto che è stato il più sofsono ferto, lo considero lo scudetto più bello, anche per il pathos dei calci di rigore che hanno deciso la sfida».
Un trionfo più o meno importante dell’oro Europeo giovanile e dell’argento olimpico di Rio?
«Beh, sono successi diversi: il trionfo all’Europeo del 2008 mi ha dato consapevolezza; la medaglia olimpica è un sogno che divenuto realtà e che vale un’intera carriera».
E questo quarto scudetto cosa rappresenta?
«Ci penserò durante le due settimane di ferie in Malesia: dopo un’annata del genere, ho bisogno di valutare tante cose, non solo da un punto di vista sportivo».
In ferie prima degli Europei di Barcellona. Ha proprio chiuso con la Nazionale?
«Sì, è una parentesi chiusa. Dopo Rio pensavo di ereditare il testimone da Giulia Gorlero, ma le mie aspettative sono andate deluse. Non me la sono sentita di proseguire un percorso che non mi avrebbe dato più soddisfazioni di quante ne avessi già ottenute».
E dire che due anni fa pensava già a Tokyo…
«Sono cambiata. Per esempio nel 2016 non avrei mai valutato di iscrivermi all’università, mentre ora la considero una possibilità concreta. Inoltre in questi due anni, facendo la volontaria al reparto di oncologia pediatrica dell’ospedale di Padova, ho capito quanto sia bello stare a stretto contatto con i bambini. Insomma gli interessi e le ambizioni cambiano».
Risultato «La medaglia in Brasile è un sogno diventato realtà e che vale un’intera carriera»