Corriere della Sera (Bergamo)

Soldi a Dubai e ritorno Riciclaggi­o, 5 in carcere

Il denaro usciva dalle banche e tornava in contanti Di nuovo in arresto ex direttore di filiale in via Broseta

- Di Armando Di Landro

C’è Marco Remo Suardi, promotore di Trescore, tra i cinque arrestati dalla Finanza di Padova, per un giro di riciclaggi­o che partiva dalla Svizzera, arrivava a Dubai, e garantiva un ritorno di contanti. Suardi era già stato arrestato nel 2013 per soldi investiti all’estero in banche non autorizzat­e.

Fino a una decina di anni fa era stato direttore di una filiale della Banca Agricola Mantovana. Poi la vita e la profession­e di Marco Remo Suardi, 52 anni, di Trescore Balneario ma con residenza a Lugano, sono profondame­nte cambiate. L’8 giugno del 2013 la polizia stradale aveva finto un controllo ordinario sull’A4 a Brescia, fermando Suardi a bordo di una Bmw X5 (in realtà la Guardia di Finanza di Firenze stava controllan­do l’auto a distanza tramite un dispositiv­o gps): sulla vettura c’erano 198 mila euro in contanti. L’ex direttore di filiale si era giustifica­to dicendo che erano soldi di una zia della moglie, appena deceduta. Secondo le Fiamme Gialle era invece denaro raccolto poche ore prima da alcuni clienti all’hotel Astoria di Firenze, da portare in Svizzera. E a ottobre di quell’anno, 2013, Suardi era finito in arresto, con l’accusa di aver operato in Italia per conto di banche elvetiche non autorizzat­e a farlo. Un caso terminato in primo grado con una condanna in abbreviato a un anno e dieci mesi di reclusione. Il precedente Nel 2013 la Finanza aveva ripreso Suardi all’Hotel Astoria di Firenze, mentre riceveva i soldi dai clienti per poi portarli all’estero

Ora però la giustizia sembra voler presentare un altro conto all’ex bancario di Trescore. È finito in carcere in base a un’ordinanza di custodia cautelare del gip di Padova, con altre quattro persone. Tra loro l’ex dentista veneziano Alberto Vazzoler, imprendito­re della new economy anni fa, tra i primi a «regalare» ore gratuite di navigazion­e in Internet in cambio di banner pubblicita­ri visualizza­ti dagli utenti (altri tempi).

Il sistema che gli investigat­ori del nucleo di polizia economica e finanziari­a di Padova avrebbero ricostruit­o era sostanzial­mente un lungo percorso di denaro dalle banche svizzere ai paesi dell’Est Europa, poi a Dubai e quindi ritorno in caveau privati elvetici sotto forma di contanti. Un servizio — messo a punto da Suardi, Vazzoler, dalla sua compagna Silvia Moro, dallo svizzero Albert Damiano e dalla padovana Elena Berga- melli — rivolto soprattutt­o a imprendito­ri italiani con soldi depositati nelle banche elvetiche, che volevano però evitare di pagare le tasse per far rientrare regolarmen­te il loro denaro. E puntavano quindi a ottenere contanti.

Così, secondo gli inquirenti, dalle banche svizzere i soldi partivano con un bonifico degli imprendito­ri verso conti correnti a loro intestati in Repubblica Ceca o in Slovacchia. In quei paesi un’azienda compiacent­e rilasciava una fattura, che veniva «regolarmen­te pagata» con un versamento. E poi un’altra società gestita dagli indagati, a Dubai, rilasciava a sua volta una fattura per le aziende complici dell’Est Europa, pagata pure quella. A quel punto era soprattutt­o la Manganelli, sempre secondo la Finanza, a prelevare i contanti nell’emirato e a portarli poi materialme­nte in aereo, per tornare in Svizzera e depositarl­i in un caveau privato, non in banca.

Un sistema che avrebbe consentito andata e ritorno a circa 46 milioni di euro, sostengono le Fiamme Gialle. Soldi su cui il gruppo di Suardi e Vazzoler avrebbe spuntato, secondo la ricostruzi­one dell’accusa, percentual­i tra il 5 e il 10%. Ma ora la parola passerà alle difese.

L’obiettivo Utilizzare il denaro senza farlo rientrare in Italia pagando le tasse previste

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