VELENO PER TUTTI
Le scelte del capo dello Stato Sergio Mattarella e la conseguente reazione aggressiva di Lega e Cinquestelle hanno portato l’Italia in un territorio ignoto e poco rassicurante. Non sapere (o voler) distinguere tra le istituzioni e gli uomini che le rappresentano mette in discussione tutto e tutti: oggi tocca a Mattarella, domani può toccare a un presidente leghista o grillino. Allo stesso modo, su un piano simbolico, la riduzione delle feste nazionali a celebrazioni di una sola parte genera quanto meno un danno alla coscienza comune dell’essere italiani (cui, attualmente, risulta credere anche Matteo Salvini). «Il 2 giugno? Noi faremo i gazebo», dicono i leghisti, che in piazza con il prefetto e gli altri sindaci non ci saranno. Scene simili si ripetono da anni il 25 aprile, nel 2018 a Bergamo disertato dal centrodestra (più che di revisionismo in quel caso sembra si trattasse di voglia di mare). Ha l’aria della bambinata generale, coerente con i sindaci che staccano la foto di Mattarella dal muro. In realtà è qualcosa di peggio. Si tratta di meccanismi ormai irrinunciabili per chi vive di politica, funzionali a una campagna elettorale permanente. Si discutono principi fondamentali per tutti, la democrazia, l’imparzialità del capo dello Stato: attenzione però, perché c’è sempre qualcuno che tiene un occhio sul calendario, in vista del voto. Chi organizza presidi contro il martirio di Mattarella o a favore di un’improvvisa voglia di presidenzialismo lo fa per incontenibile passione, o per un calcolo di parte e personale?
E se il governo ora si fa? L’emergenza democratica è dimenticata? Farsi domande è un esercizio di libertà. E una forma di igiene pubblica: servirà tempo per smaltire le dosi di veleno iniettate in tutti noi negli ultimi giorni.