Alice Rohrwacher «I consigli e le lezioni del mio amico Olmi»
Parla Alice Rohrwacher a un mese dalla scomparsa del regista
La legge fisica «nulla si crea nulla si distrugge, ma tutto si trasforma» si può applicare anche al cinema. Tra i molti, il teorema dimostrerebbe quanto «La grande bellezza» di Sorrentino sia un film «felliniano». O come il protagonista del recente «Dogman» di Garrone, discenda dai non eroi di borgata di Pasolini. «I film di Ermanno Olmi mi accompagnano da sempre. Mi hanno marcato», ammette Alice Rohrwacher, regista «olmiana». Dopo gli applausi e il premio (miglior sceneggiatura) all’ultimo Festival di Cannes, il suo «Lazzaro felice» è arrivato in sala (in città, al Capitol). È difficile guardare il film di Alice senza pensare al grande autore bergamasco, scomparso esattamente un mese fa.
Del suo amore per il cinema di Olmi, non ha mai fatto mistero. Che ricordo ha di lui?
«La vita ci ha permesso di incontrarci poche volte, tutte importanti. La prima a Roma, per il suo ottantesimo compleanno. Aveva visto il mio esordio, “Corpo celeste”. Mi ha subito accolto come un’amica».
Cosa risponde a chi la considera sua unica erede?
«Che mi sembra davvero troppo essere accostata a lui. Un vero maestro. Anche se preferisco chiamarlo “mastro”, per come riportava il nostro mestiere a una dimensione artigianale. Usava la forza della gentilezza, anche per raccontare fatti drammatici».
E proprio con la gentilezza Lazzaro, il giovane protagonista del suo film, affronta una vita dura. Olmi l’ha ispirata anche per «Lazzaro felice»?
«Tra i riferimenti di “Lazzaro”, il critico Goffredo Fofi ha individuato “I libri di lettura” di Tolstoj. Non sapeva che Ermanno, durante uno dei nostri ultimi incontri, mi aveva regalato proprio quel libro. Quando ho letto il commento di Fofi al mio film, mi sono molto emozionata».
Ermanno Olmi è morto il 7 maggio. Il giorno dopo sarebbe iniziato il 71esimo Festival di Cannes dove, di lì a poco, «Lazzaro felice» avrebbe avuto la sua «prima». Che sensazioni ha provato?
«Un grande dolore, sincero. A Cannes mi è stato chiesto di parlare di Olmi e io l’ho fatto. Ma mi sono sentita in difficoltà. Sono arrivata in Francia con il pensiero rivolto a Ermanno. Ancora ricordo ciò che mi disse dopo il Grand Prix vinto al Festival da “Le meraviglie”, il mio secondo film: “Brava Alice. Sappi però che sarà sempre più difficile. Cercheranno di buttarti giù in tutti i modi”».
Cannes non ha ricordato ufficialmente Olmi. Né ha celebrato il 40esimo anniversario della Palma d’oro a «L’Albero degli zoccoli».
«Non vivo di aspettative. Certo, un ricordo ufficiale mi avrebbe resa felice. Spero che Ermanno venga degnamente celebrato alla Mostra del Cinema di Venezia, a settembre. Nel 2018 ricorrono anche i trent’anni dal Leone d’oro a “La leggenda del santo bevitore”,
un altro film di Olmi importantissimo per me. È possibile che prima del tragico evento, che ha colto Cannes di sorpresa, i due Festival si fossero già accordati su chi l’avrebbe omaggiato».
L’omaggio «Un maestro per come riportava il nostro mestiere a una dimensione artigianale»