Corriere della Sera (Bergamo)

Alice Rohrwacher «I consigli e le lezioni del mio amico Olmi»

Parla Alice Rohrwacher a un mese dalla scomparsa del regista

- Federico Fumagalli

La legge fisica «nulla si crea nulla si distrugge, ma tutto si trasforma» si può applicare anche al cinema. Tra i molti, il teorema dimostrere­bbe quanto «La grande bellezza» di Sorrentino sia un film «felliniano». O come il protagonis­ta del recente «Dogman» di Garrone, discenda dai non eroi di borgata di Pasolini. «I film di Ermanno Olmi mi accompagna­no da sempre. Mi hanno marcato», ammette Alice Rohrwacher, regista «olmiana». Dopo gli applausi e il premio (miglior sceneggiat­ura) all’ultimo Festival di Cannes, il suo «Lazzaro felice» è arrivato in sala (in città, al Capitol). È difficile guardare il film di Alice senza pensare al grande autore bergamasco, scomparso esattament­e un mese fa.

Del suo amore per il cinema di Olmi, non ha mai fatto mistero. Che ricordo ha di lui?

«La vita ci ha permesso di incontrarc­i poche volte, tutte importanti. La prima a Roma, per il suo ottantesim­o compleanno. Aveva visto il mio esordio, “Corpo celeste”. Mi ha subito accolto come un’amica».

Cosa risponde a chi la considera sua unica erede?

«Che mi sembra davvero troppo essere accostata a lui. Un vero maestro. Anche se preferisco chiamarlo “mastro”, per come riportava il nostro mestiere a una dimensione artigianal­e. Usava la forza della gentilezza, anche per raccontare fatti drammatici».

E proprio con la gentilezza Lazzaro, il giovane protagonis­ta del suo film, affronta una vita dura. Olmi l’ha ispirata anche per «Lazzaro felice»?

«Tra i riferiment­i di “Lazzaro”, il critico Goffredo Fofi ha individuat­o “I libri di lettura” di Tolstoj. Non sapeva che Ermanno, durante uno dei nostri ultimi incontri, mi aveva regalato proprio quel libro. Quando ho letto il commento di Fofi al mio film, mi sono molto emozionata».

Ermanno Olmi è morto il 7 maggio. Il giorno dopo sarebbe iniziato il 71esimo Festival di Cannes dove, di lì a poco, «Lazzaro felice» avrebbe avuto la sua «prima». Che sensazioni ha provato?

«Un grande dolore, sincero. A Cannes mi è stato chiesto di parlare di Olmi e io l’ho fatto. Ma mi sono sentita in difficoltà. Sono arrivata in Francia con il pensiero rivolto a Ermanno. Ancora ricordo ciò che mi disse dopo il Grand Prix vinto al Festival da “Le meraviglie”, il mio secondo film: “Brava Alice. Sappi però che sarà sempre più difficile. Cercherann­o di buttarti giù in tutti i modi”».

Cannes non ha ricordato ufficialme­nte Olmi. Né ha celebrato il 40esimo anniversar­io della Palma d’oro a «L’Albero degli zoccoli».

«Non vivo di aspettativ­e. Certo, un ricordo ufficiale mi avrebbe resa felice. Spero che Ermanno venga degnamente celebrato alla Mostra del Cinema di Venezia, a settembre. Nel 2018 ricorrono anche i trent’anni dal Leone d’oro a “La leggenda del santo bevitore”,

un altro film di Olmi importanti­ssimo per me. È possibile che prima del tragico evento, che ha colto Cannes di sorpresa, i due Festival si fossero già accordati su chi l’avrebbe omaggiato».

L’omaggio «Un maestro per come riportava il nostro mestiere a una dimensione artigianal­e»

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Alice Rohrwacher, regista di «Lazzaro felice», vincitore del premio come miglior sceneggiat­ura a Cannes. A sinistra, Ermanno Olmi
Erede Alice Rohrwacher, regista di «Lazzaro felice», vincitore del premio come miglior sceneggiat­ura a Cannes. A sinistra, Ermanno Olmi
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