In mostra l’arte «trasgressiva» di Gary Kuehn
Il percorso dell’artista americano attraverso 70 pezzi esposti a Palazzo della Ragione e alla Gamec
Tensione e libertà, purezza e contaminazione, per rendere visibile, tramite la materia, un significato psicologico o sociale. La mostra «Il diletto del praticante» ripercorre le tappe artistiche dello scultore americano Gary Kuehn (New Jersey, 1939), con 70 pezzi, molti in Italia per la prima volta, da domani al 26 agosto. L’inaugurazione è stasera alle 19 alla Gamec, insieme alla presentazione delle altre novità estive.
Le sculture di Kuehn sono esposte nella galleria e al Palazzo della Ragione. Paglia, legno, materassi ritorti su se stessi e imbrigliati in un filo di ferro, strutture per studiare la forma. Ed ecco, ad esempio, due grandi rettangoli in fibra di vetro, uno ingabbiato in una griglia di legno, l’altro libero e piegato in una curva morbida. «Potrebbero rappresentare — dice l’artista — l’autorità, il controllo, le implicazioni sociali». Poi sorride e precisa: «Però non bisogna dare troppo retta a quel che dico. L’arte deve lasciar liberi di vedere il proprio significato e di interrogarsi».
Lui stesso, sin dagli esordi negli anni ’60, sfugge alle classificazioni, prendendo le distanze dall’espressionismo quanto dal minimalismo. Cresciuto in una famiglia di operai, è stato operaio, mentre studiava arte a Madison e Brunswick. «I suoi lavori — spiega il curatore della mostra Lorenzo Giusti — sono carichi di una sorprendente forza sov- versiva». Le ricerche di Kuehn, come si vede in mostra alla Gamec, continuano concentrandosi sui «tentativi — evidenzia Giusti — di corruzione delle “figure eterne” del cerchio, del quadrato e del triangolo». Sperimentazione di materiali, anche in modo ironico. Come nella serie «Black painting», dove cerchi deformati sono dipinti con colori acrilici su tela «utilizzando non un pennello — illustra Kuehn — ma la siringa per mettere la salsa sul tacchino». Nelle sale successive, si passa alle opere in zinco e rame, installazioni in ferro, blocchi di legno dalle forme geometriche interrotte da una colata in fibra di vetro, «che ne rivela la fragilità».
Oltre al lavoro di Kuehn, oggi, sempre alle 19, alla Gamec, viene presentata l’opera «I’m talking to you», dell’italiana Elena Mazzi, che apre il calendario del progetto «Artists’ film international», curato da Sara Fumagalli e Valentina Gervasoni, da vedere fino al 9 settembre. E da ascoltare. Nel suo video, infatti, Mazzi ha raccolto sospiri, commenti, grida di privati cittadini nelle loro case all’ascolto del telegiornale.
Intanto si può ammirare fino al 9 settembre «La collezione impermanente #1», selezione dei principali nuclei di opere del museo, a cura di Valentina Gervasoni e Fabrizia Previtali. Infine, nello Spazio Zero è installato «Enchanted bodies/Fetish for freedom», progetto del brasiliano Bernardo Mosqueira, vincitore del Premio Bonaldi, riservato ai migliori curatori d’arte sotto i 30 anni e istituito in memoria di Lorenzo Bonaldi, come ricorda la figlia Giancarla. Opere di 17 artisti di diverse nazionalità, ma accomunati dall’essere migranti. Le loro sculture sono fatte di materiali semplici, mentre tutt’attorno sono disposte piante di basilico, che nella religione candomblé trasformano lo spazio in un luogo magico, ricordando che il sacro si nasconde negli oggetti più comuni.
La filosofia «L’arte deve lasciare tutti liberi di trovare un proprio significato in ogni opera»