Racconto teatrale, prima e dopo la legge Basaglia
Una rivoluzione raccontata con biografie diverse, ma intrecciate nella Storia
Si parte da un silenzio. Uomini e donne seduti su sedie allineate, in due file. Zitti. Poi la scena si anima. C’è chi si spazzola i capelli, chi le scarpe. Gesti maniacali, precisi. Uguali a se stessi, mentre di sottofondo si ascolta uno Stabat Mater. A un tratto tutti si alzano e si muovono nello spazio. Liberi. Perché «prima, si stava tutti in un grande stanzone seduti sulle panche dalle sei di mattina alle sei della sera. Poi abbiamo cominciato a muoverci, a parlare», si legge su un biglietto che Tobia distribuisce allo spettatore. Perché c’è un prima e un dopo la legge Basaglia. Questa differenza è raccontata nello spettacolo «I pesci grandi mangiano i pesci piccoli», a cura del laboratorio «Piccolo Teatro per» e in scena oggi dalle 18 alle 22 nel giardino dell’ex manicomio di via Borgo Palazzo, tra i padiglioni 11, 7b e 8b.
Non c’è da aspettarsi una drammaturgia didascalica, ma scene di vita. Piccoli frammenti biografici espressi con il movimento, la parola. «Vivere o morire è la stessa cosa?», declamerà Roberta. È uno spettacolo mosso dall’energia e dalle emozioni di chi lo fa: attori professionisti, volontari, persone con disagi psichici. Ma tutti si mescolano in un lavoro corale
dove le diversità si annullano. Perché «chi è normale e chi diverso?» chiede Maurizio Panseri, ex assessore alle Politiche Sociali di Alzano Lombardo, tra le persone che hanno incontrato lungo la propria strada il laboratorio teatrale. È in scena con la moglie Cristina, per rappresentare loro stessi: una coppia che dorme insieme, legge, scrive, lei su un taccuino, lui sullo smartphone, balla un tango. Rappresentano l’ordinaria quotidianità, impensabile per chi era rinchiuso
in manicomio, dove uomini e donne erano divisi e non ci si sposava. Grazie alla legge Basaglia queste costrizioni cadono. Ed ecco camminare nel prato dell’ex ospedale psichiatrico una donna con abito da sposa,
L’appuntamento Oggi dalle 18 alle 22 in Borgo Palazzo. Performance di un’ora, ma andrà in loop
bianco, in contrasto con quello delle camicie di forza, che da allacciate si slegano, come si vede nella danza di Giulia, per cui far parte del gruppo è «partecipare a una ricerca artistica della trasformazione del dolore», dice.
La performance dura poco più di un’ora, ma andrà in loop per quattro ore. A tirare le fila del lavoro è la regista Agnese Bocchi, dal 2006 alla guida del laboratorio legato all’associazione «Piccoli Passi Per…», che opera nel campo della salute mentale, e di cui si racconta la storia in una mostra fotografica allestita sotto i portici. Era il 1978 quando l’Italia, primo paese al mondo, grazie alla legge 180 chiudeva i manicomi. «A distanza di 40 anni abbiamo deciso di ricordarlo a modo nostro — spiega la regista —. Abbiamo chiamato a raccolta tutte le persone che dal 2006 al 2018 hanno partecipato come attori o collaboratori al laboratorio, per mettere in scena un teatro di vita, un insieme di testimonianze sul rapporto con la malattia mentale tra ieri e oggi».
Per Tobia Scarrocchia, aiuto regia e attore, quello che si vede è «una manifestazione politica, perché il privato diventa politico — spiega —. Le biografie si intrecciano in una dimensione collettiva che è la storia del gruppo, della legge Basaglia. L’ex manicomio diventa piazza per parlare della malattia mentale, da cui non si guarisce, ma con cui si convive». Marisa cammina nel prato, tra pesci colorati disegnati dalle maestre e dai bambini della scuola dell’infanzia Cittadini di Dalmine, si ferma davanti a te, ti osserva e dice: «Vai a guardarti allo specchio. Chiedi il suo parere. Tutta la vita puoi ingannare il mondo, ma non ingannare quell’uomo allo specchio». È forse folle chiederlo?
Ciò che si vede è una manifestazione politica, perché il privato diventa politico, dalle biografie alla dimensione collettiva. In scena c’è un teatro di vita, un insieme di testimonianze sul rapporto con la malattia mentale tra ieri e oggi I registi