Il Maestro e Margherita
Al chiostro di San Francesco la rilettura del romanzo di Bulgakov Quando il bene e il male si contaminano. Una riflessione su libertà e destino
Una pièce sul demoniaco, sul male che spesso opera per il bene, sulle luci e ombre che si mischiano in ognuno di noi. La tematica, complicata e trattata su più livelli, è sviluppata da «Il Maestro e Margherita», nuova produzione di DeSidera e Teatro de Gli Incamminati, al debutto nazionale stasera al chiostro di San Francesco, in piazza Mercato del fieno (alle 21.15, biglietto 10 euro). La regia è firmata da Paolo Bignamini, la drammaturgia da Fabrizio Sinisi che ha riletto il romanzo di Michail Bulgakov, spostando la narrazione dalla Mosca degli anni ‘30 alla Milano di oggi. Un evento sconvolge la scena, l’arrivo di satana in carne e ossa, che ha le sembianze di un elegante signore in frac, Voland, interpretato da Mario Cei. «Mi presento come un professore di magia nera chiamato a tenere un’omelia sul bene e il male, a chi mi chiede se arrivo dalla Germania, rispondo che sono cittadino del mondo, sono piuttosto vetusto, avendo cenato con Immanuel Kant e mi sposto sempre in compagnia — afferma l’attore milanese —. Il mio ruolo è racchiuso dalla citazione dal “Faust” di Goethe: sono una parte di quella forza che desidera il male e opera eternamente per il bene».
La trama racconta le vicende di un giovane drammaturgo fallito, impersonato da Matteo Bonanni, e della sua amata, rappresentata da Federica D’Angelo. Lui si guadagna da vivere lavorando come custode al Museo di Storia naturale, ma sogna di diventare scrittore e realizza un romanzo su Ponzio Pilato, ma ogni editore boccia il suo manoscritto. Nonostante il libro non sia mai uscito, viene stroncato da un critico e lui cade in una profonda depressione che lo porta a bruciare il testo. La storia è simile a quella di Bulgakov che scrive «Il Maestro e Margherita» più volte tra il 1928 e il 1940. Sarà pubblicato, però, solo dopo la su morte, tra il 1966 e 1967. Nel libro, la sua amata, Margherita, a quel punto, stringe un patto con il diavolo, per ottenere «il perdono del tempo» e riavvolgere il filo del destino.
«Il racconto è immaginifico e fa riflettere su libertà e destino, amore e sofferenza, su dove stia il male, ovvero in chi, scontento, maledice la vita o negli ultimi e nei diseredati», prosegue Cei. Un altro piano narrativo si sovrappone e riguarda la vicenda di Pilato a Gerusalemme, cuore segreto del romanzo di Bulgakov. «Il pubblico si ritrova ad assistere, come se fosse un romanzo nel romanzo o teatro nel teatro, al processo a Gesù».