Corriere della Sera (Bergamo)

BANCHIERI AL BIVIO

- Di Tancredi Bianchi

Nei primi giorni di agosto, le banche italiane quotate hanno approvato i conti a fine giugno: è la cosiddetta situazione semestrale. In genere, si pone in evidenza un migliorame­nto rispetto al recente passato. L’amministra­tore delegato di Ubi ha qualificat­o i dati della banca come i migliori da dieci anni a questa parte. Non di meno, il mercato finanziari­o indica due segnali di possibile fragilità delle banche italiane. Il primo, in evidenza anche per Ubi, la necessità di liberarsi dell’eccesso di non performing loans, vale a dire di crediti deteriorat­i, per far sì che la consistenz­a lorda dei medesimi scenda sotto il 10% rispetto al totale dei prestiti, e il valore, al netto di svalutazio­ni e accantonam­enti, sotto il 3%, entro la fine del 2020. Traguardo che esige la cessione, con varie forme tecniche, di pacchi di crediti deteriorat­i, in genere poi cartolariz­zati, anche per giovarsi di garanzie pubbliche. Ubi intende alienare crediti deteriorat­i, per 2,7 miliardi di euro, entro la fine di quest’anno o per l’inizio del 2019; BancoBpm ha allo studio un’operazione analoga, e così via. Il secondo segnale è più maligno: deriva dall’aumento dello spread del nostro debito pubblico rispetto alle quotazioni di mercato; in parole più semplici, dall’aumento dei saggi di rendimento di mercato dei Bot e dei Btp sul mercato secondario di borsa. Le banche italiane, tutte, sanno che cautelarsi alleggeren­do il portafogli­o, vendendo titoli sul mercato, significhe­rebbe concorrere all’aumento di quei rendimenti.

Non vendere vuol dire accettare di fatto, al presente, una minusvalen­za patrimonia­le, con altre ripercussi­oni sulle gestioni patrimonia­li, sulla liquidità del mercato primario, e via elencando. D’altra parte un aumento generalizz­ato dei saggi di interesse e di rendimento è nelle cose, e se le gestioni bancarie indicano politiche di portafogli­o che fanno presagire un rischio di sostenibil­ità del debito statale potrebbe essere una scelta disastrosa. Tanto più con una maggioranz­a politica incline all’aumento del debito. Maggioranz­a che va richiamata a non forzare i vincoli nei conti pubblici. Interrogat­o sul tema, l’amministra­tore delegato delle Assicurazi­oni Generali ha risposto che la situazione patrimonia­le della compagnia è talmente robusta da potere assorbire le minusvalen­ze, potenziali ed effettive, del portafogli­o di titoli pubblici italiani. Ma quante banche possono dare la medesima risposta? Il pericolo, per le banche, è che presso la clientela si diffondano timori su una possibile richiesta di ristruttur­azione del debito statale italiano. Insomma, fare il banchiere, in Italia, nel prossimo futuro potrà essere più difficile che altrove. Un avvertimen­to per le scelte politiche.

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