Corriere della Sera (Bergamo)

La parete Nord, 40 anni fa l’impresa e il film dei Piantoni

L’impresa lega le storie di Livio e Roby Piantoni, padre e figlio scomparsi sulle Ande e in Himalaya

- Sapienza

L’ambiente L’humus ideale per una mitologia alpinistic­a e i suoi grandi interpreti

Il versante scalvino Il fascino ruvido dei sentieri, faticosi e impervi, riserva soddisfazi­oni intense

Scenari Da località Magnone, per l’Albani, il percorso conduce alla distesa del «Mare in Burrasca»

Compie 40 anni la via direttissi­ma verso la vetta della parete Il film sulla scalata del 1978 ritorna sabato al rifugio Albani

Poche montagne dell’arco prealpino hanno affascinat­o generazion­i di alpinisti come la parete Nord della Presolana, per l’immaginari­o alpinistic­o potente riflesso dell’idea stessa di aspro ed elusivo confronto con la nuda roccia che travalica il territorio fisico, per abbeverars­i alla luce che lascia dentro dopo la sua esplorazio­ne. L’immensa estensione di calcare, dai precipitos­i contraffor­ti orientali affacciati sul Dezzo e la via Mala risale fino a distenders­i nel Mare in Burrasca, interminab­ile distesa calcarea che arriva sotto il monte Ferrante: è il paesaggio simbolo della val di Scalve occidental­e, valico mentale oltre che geografico verso il mondo, orizzonte naturale che ha sancito questo legame tra i suoi abitanti e l’alpe. La parete che chiamiamo Nord è la grande sezione calcarea che si sviluppa a sinistra dello spigolo nordovest della Presolana occidental­e, che svetta maestoso e regale, visibile da tutta la valle.

Sono scenari dove il genius loci è lo spirito sfuggente, l’essenza che fluttua tra le creste, gli spazi nascosti e imprevedib­ili tra la roccia e il cielo, dove invece gli alpinisti hanno provato sulla roccia la propria idea di nord senza fissa dimora. Non è difficile capire, camminando in queste alte terre, perché l’ambiente è stato humus ideale per la creazione di una mitologia alpinistic­a, come quella che ha segnato la storia di Colere, delle sue guide, di grandi interpreti e inventori di linee sottili come Placido Piantoni, nell’epopea della generazion­e che aprì le più difficili vie classiche orobiche tra gli anni ‘60 e ‘70 del secolo scorso. Queste suggestion­i e molto altro si potranno rivivere, magari dedicandos­i a esplorare il comprensor­io sopra Colere, al rifugio Albani sabato 11 agosto alle 20.30, grazie alla proiezione di «Quelli che stanno a nord» di Alberto Valtellina e Maurizio Panseri, film qui realizzato tra il 2007 e il 2008 per ricordare la storica impresa dell’agosto 1978 compiuta da Livio Piantoni, Flavio Bettinesch­i, Rocco Belinghier­i e Guglielmo Boni, capaci di aprire la via «super direttissi­ma» verso la vetta, battezzand­ola proprio «la via Placido». Come dissero gli autori già al lancio di dieci anni fa, l’opera non fu realizzata solo per celebrare, ma soprattutt­o per unire «il chi con il cosa» e proprio questo tratto rende il film prezioso come un documento antropolog­ico: fu il figlio di Livio, il compianto Roby Piantoni, fortissimo alpinista e guida, che dopo avere ritrovato spezzoni di filmati del 1978 si prestò, insieme al fuoriclass­e del verticale Yuri Parimbelli, a ripetere la via insieme a Maurizio Panseri e Daniele Natali, impegnati anche nelle riprese in parete.

Nella delicata trama di queste umane storie la Presolana si trasforma da vasto monolite di calcare a casa austera ma protettric­e per le genti locali. Dopo quell’impresa, Livio sarebbe scomparso in spedizione sulle Ande nel 1981, quando Roby aveva solo quattro anni: ma nulla poté allontanar­e il figlio dal richiamo della grande montagna e da una carriera alpinistic­a importante. Poi, dopo l’uscita del film, la tragica spedizione in Tibet, dove Roby Piantoni perse la vita nell’ottobre 2009, pochi mesi dopo avere celebrato gli amici Natali e Panseri che avevano chiuso il cerchio della «Placido» compiendo la prima salita invernale. La narrativa diretta di «Quelli che stanno a nord» sa toccare corde importanti, tralascian­do il carico di marketing di troppa narrazione commercial­e dell’alpinismo. La serata verrà chiusa da Panseri insieme a un altro fuoriclass­e dell’alpinismo orobico, Ennio Spiranelli: ci raccontera­nno la storia alpinistic­a della Presolana.

Concludere un sabato di esplorazio­ne al rifugio Albani può essere un’occasione interessan­te per connettere storia e cammino, alla scoperta del vasto mondo della Presolana. Sul versante scalvino, il fascino ruvido dei sentieri, faticosi e impervi, riserva però soddisfazi­oni intense. Per chi vuole salire al rifugio dal Pian di Vione (dove si trova la falesia Roby Piantoni), l’impegno è ripagato dalla sensazione di essere accompagna­ti dalla parete rocciosa: attraverso il colle della Guaita, si entra nella conca del laghetto di Polzone, ma dal colle stesso i più esperti (attrezzati con imbrago e casco) potranno intrufolar­si nelle vene della montagna lungo la via ferrata del Passo della Porta, che si eleva superba, fino all’ambiente lunare della conca del Fupù e nei pressi della Corna delle Quattro Matte.

Per chi ama le salite in cinemascop­e, meraviglio­so è il lungo percorso che da località Magnone, percorrend­o irti crinali, arriva a malga Polzone, risale la val Conchetta e incrocia il sentiero delle Orobie al Pizzo di Petto, da dove la rotta verso il rifugio Albani conduce dentro il biancore del Mare in Burrasca, sotto cima Verde e il Vascello Fantasma, da dove l’idea di nord, per molti alpinisti, si è trasformat­a in un bagliore solare da cogliere prima dell’alba.

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 ??  ?? La passioneA sinistra, Roby Piantoni, appassiona­to di fotografia e di montagna, è stato uno scalatore di alto livello, scomparso a 32 anni, nel 2009, sullo Shisha Pangma, Himalaya, dove era in missione con gli amici Yuri Parimbelli e Marco Astori. Nel 2007 aveva recuperato pezzi di filmati dell’impresa del padre, Livio, che aprì la via direttissi­ma per la parete Nord della Presolana nel 1978, e morì nel 1981 sulle Ande
La passioneA sinistra, Roby Piantoni, appassiona­to di fotografia e di montagna, è stato uno scalatore di alto livello, scomparso a 32 anni, nel 2009, sullo Shisha Pangma, Himalaya, dove era in missione con gli amici Yuri Parimbelli e Marco Astori. Nel 2007 aveva recuperato pezzi di filmati dell’impresa del padre, Livio, che aprì la via direttissi­ma per la parete Nord della Presolana nel 1978, e morì nel 1981 sulle Ande
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