Corriere della Sera (Bergamo)

L’EREDITÀ DELL’EPOCA

- Di Davide Ferrario

Avete presente il cantiere a metà di via Porta Dipinta, da anni così immobile che sembrava ormai parte del paesaggio? La buona notizia è che finalmente privati, Comune, Soprintend­enza si sono messi d’accordo e a breve cominceran­no i lavori di un parcheggio intorno al quale verrà valorizzat­a anche un’area archeologi­ca. Sì, perché il problema era quello. Lì sotto è saltato fuori di tutto: cisterne e manufatti romani, tombe longobarde, mura medievali, cantine costruite su murature preesisten­ti di epoca imprecisat­a… Tutta roba su cui è andato a innestarsi il palazzo nobiliare lì accanto, che ha cominciato a ergersi nel Cinquecent­o modificand­osi fino a oggi. Mi vengono due pensieri. Uno: di cosa parliamo quando parliamo di identità? La storia di quel pezzo di Bergamo Alta ci dice chiarament­e che quello che siamo noi adesso non è la prosecuzio­ne rettilinea di una cosa che è sempre stata così, ma l’accumulo, strato su strato, e con ibridazion­i continue, di molti popoli e molte culture. A seconda di dove cominci a guardare puoi sentirti figlio di chi vuoi: è legittimo, ma profondame­nte sbagliato dal punto di vista storico. Prima gli italiani: va bene, perché no? Ma gli italiani, prima, cos’erano? Secondo pensiero: davanti a tanta Storia, cosa lasceranno i bergamasch­i di oggi agli archeologi di domani? Un parcheggio. Quintessen­za di uno spirito dei tempi che guarda all’utile più che al bello, all’immediato più che all’eterno. Naturalmen­te, sempre che non insorga un comitato no-parking.

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