Il Circolino futuro A Sant’Agata al via il cantiere
Il 1° ottobre inizieranno i lavori per l’allargamento del Circolino, nell’ex carcere di Sant’Agata, in Città Alta. L’intervento dovrebbe durare una ventina di mesi: il Circolino starà chiuso un paio di mesi, ma tutti i servizi saranno assicurati.
Quando è crollato il controsoffitto in cartongesso del terzo piano del carcere di Sant’Agata, ricavato nell’omonima chiesa di epoca altomedioevale, sono riapparsi i dipinti di Salvatore Bianchi, pittore varesino del ‘700. Violentati dalla canna fumaria della stufa piantata in mezzo al soffitto, ma con la freschezza dei colori intatti. Nell’angolo di un affresco, tra un tripudio di angeli e santi, una cascata di dobloni d’oro dalla cornucopia sembrava già preconizzare che cosa, di lì a qualche secolo, sarebbe servito al complesso monumentale per arginare un degrado che dura inarrestabile da 40 anni: parecchi dobloni, milioni di euro e altre cose buone. Le mette in fila, ad una ad una, il presidente della Cooperativa di Città Alta, Aldo Ghilardi, districando un groviglio di emozioni che gli strozzano la voce in gola: «Una buona politica, delle buone banche, dei buoni progettisti e anche una buonissima cooperativa». Cose normali in un Paese che funziona. E aggiungiamoci, una Sovrintendenza non eccessivamente cattiva nel valutare il progetto di restyling e riorganizzazione delle attività della Cooperativa e del Circolino. Che, è vero, si allargherà — oltre al pianterreno in un continuum con l’esterno, anche un secondo piano con ristorante e uffici —, ma che valorizzando il terzo come sala civica «aprirà questo luogo alla città, alla quale facciamo un regalo», ha sottolineato Ghilardi.
Senza alcun contributo pubblico, la sua cooperativa, forte di un «lavoro solidale e partecipato» come lui lo definisce, si accolla, con fondi propri, un debito di 4 milioni di euro (garantiti da Ubi e Banco Bpm) a fronte di una concessione cinquantennale. Un’opera che ci sopravviverà di sicuro e che nel 2068 tornerà al Comune rappresentato dall’assessore alla Riqualificazione urbana Francesco Valesini, particolarmente soddisfatto. Il suo mantra dello «spacchettamento» di Sant’Agata ha fatto l’en plein: progetto fattibile nella sua frammentata funzionalità e approvato all’unanimità dal consiglio comunale: «Credo che questo sia l’esemplificazione della buona politica in un momento di pesanti fratture nel Paese», il suo commento su un iter non facile, ma felice nella finalizzazione.
Il cantiere partirà il 1° ottobre e Ghilardi si deve dare ogni giorno una bella dose di pizzicotti: è tutto vero. L’intervento durerà una ventina di mesi — il Circolino starà chiuso un paio di mesi nel prossimo inverno, ma tutti i servizi saranno assicurati — secondo il pronostico di un altrettanto orgoglioso Paolo Cividini alla cui impresa, Ingeco di Dalmine, sono stati assegnati i lavori. La perizia costruttiva tutta bergamasca dovrà esprimersi ai massimi livelli: la pressione del cantiere si «sfogherà» verso la Boccola e più che di martello occorrerà andare di cesello. Si tratterà di «ridare un’omogeneità armonica all’insieme» come ribadito da Angelo Colleoni del team dei progettisti. La ex chiesa non è più leggibile nella sua composizione e questo perché il carcere l’ha brutalizzata con una funzione snaturata, pur essendo il Pollack un architetto settecentesco dotato di attributi. «È un progetto che ci cambierà tutti quanti, un progetto storico», preconizza Ghilardi che con questo inciso ricorda De Gregori: «La storia non si ferma davanti ad un portone, la storia siamo noi, nessuno si senta escluso».
La concessione Tra cinquant’anni, nel 2068, l’opera tornerà al Comune di Bergamo