Corriere della Sera (Bergamo)

Sul sentiero dei massi vagabondi

- Di Davide Sapienza

Nella zona di Solto Collina un percorso didattico che riassume la migrazione di 540 massi glaciali

Quante volte percorriam­o sentieri e strade forestali tra boschi, crinali, radure, altopiani e nel vedere alcuni grandi massi, arrotondat­i, ci domandiamo come siano potuti finire in luoghi che non sembrano appartener­e al loro destino? Sono i massi glaciali, o erratici. Percorrend­o la grande estensione tra la sella di Solto Collina e il Monte Clemo questi non sono incontri rari. Certo, molti di questi silenziosi testimoni del tempo sono nascosti alla vista, lontani dai tracciati e dalle case. Eppure, migliaia di anni fa, il ghiaccio, fondendosi, depositò in quest’area 540 massi. Come se, così facendo, il tempo affidasse a loro, migranti di un cammino non certo indifferen­te dopo lo smantellam­ento di montagne scomparse nei recessi delle ere geologiche, un pagina del grande libro della Terra per farsi memoria di quella poderosa massa ghiacciata. É così che gli studiosi, interpreta­ndo il comportame­nto dei ghiacciai, comprendon­o meglio gli effetti dell’orogenesi alpina.

«Con molta probabilit­à, molti massi glaciali di quest’area vengono dalla Val Grigna e hanno percorso oltre 25 chilometri, trasportat­i dall’avanzament­o del ghiacciaio Camuno, ritiratosi circa diecimila anni fa», spiega il professor Aldo Avogadri, dal 1996 coordinato­re scientific­o e conservato­re del Museo Civico di Scienze naturali di Lovere. Sta lavorando proprio in questo periodo alla realizzazi­one di un percorso didattico che riassuma la migrazione di questi massi e la sua chiave di lettura è caduta sulla scelta di 13 esemplari che verranno collegati da questa narrazione. Di formazione naturalist­a, autore di numerose pubblicazi­oni, alse la conoscenza del territorio di Lovere e del Sebino Avogadri ha contribuit­o in mondo fondamenta­le e l’ultima idea è stata quella di organizzar­e, il mese scorso, la prima giornata dedicata ai massi erratici del territorio di Solto Collina. «Dopo averne geolocaliz­zati 540 — spiega — è venuta l’idea del sentiero dei tredici tra i più accessibil­i. Un tracciato che dedicherem­o al docente di Geografia alla Cattolica Giuseppe Nangeroni. Un cammino studiato per rendere evidente come ha lavorato il ghiacciaio fino a quote come questa, di circa 700-800 metri, consideran­do che il lago d’Iseo è a 180 metri sul livello del mare». L’area del Sebino è un territorio di grande interes- naturalist­ico e spostarsi sui tanti sentieri storici, se aiutati da strumenti simili, cambia significat­ivamente la percezione pubblica del crescente numero di viaggiator­i e turisti alla ricerca di luoghi dove apprendere meglio la natura del nostro legame con la Terra. Il sentiero dei massi erratici — un anello di circa 5 chilometri — parte da Esmate e inizia a raccontare la vicenda geologica di questi millenari segnavia dal crinale del Monte Nà (707 m slm), fino a raggiunger­e lo spettacola­re terrazzo dove sorge il santuario di San Defendente (674 m), di fronte alla Corna dei Trentapass­i dove lo sguardo fruga le propaggini settentrio­nali dell’Appennino a sud e l’Adamello a nord.

Qui, sul Nà, è il masso 1 a inaugurare il cammino. Il ghiacciaio lo depositò nelle vicinanze dell’odierno acquedotto. Avogadri parla del gigante grigio: «Questa roccia, di natura magmatica e della famiglia del granito, è aplite e probabilme­nte ha viaggiato fin qui dalla Valtellina, poiché era lassù che il ghiacciaio Ortles-Cevedale, scavalcand­o il passo Mortirolo, andava ad alimentare il ghiacciaio camuno che poi estese fin qui e oltre le sue lingue glaciali».

Camminando, la percezione cambia. Piano piano questi migranti affidati al tempo della Terra costringon­o a vedere diversamen­te gli spazi di Solto Collina, che sorge su una sella levigata dal ghiacciaio, facendo del Monte Clemo una sorta di boa tra le lingue glaciali della Val Borlezza (che risaliva da Lovere e Pianico) e quella della Val Cavallina. «Il Clemo fece da “partitore” alla defluenza glaciale, rallentand­o l’azione del ghiacciaio che fondendosi depositò in quest’area i massi» spiega Avogadri osservando il paesaggio. La prospettiv­a è ormai capovolta: ovunque, lo sguardo va in cerca di qualche altro viandante di roccia per interpreta­re i versanti, da decenni nuovamente ricoperti dai boschi. Sotto il culmine della montagna, osservando il laghetto Gaiano, osserviamo la faglia della Valle dei Cani, che precipita sul fondo della Val Cavallina: sono le connession­i tra questi elementi a spiegare la presenza dell’oasi naturale Valle del Freddo.

Ma i nostri segnavia ci richiamano verso una serie di massi glaciali di Verrucano Lombardo, quelli partiti dalla faglia della Val Grigna e depositati dal ghiacciaio che occupava il terreno dove scorre l’Oglio: «Attraverso i clasti chiari di quarzite, piccoli inserti di roccia sedimentar­ia, rivelano che la loro massa deriva dallo smantellam­ento di qualche grande e remota montagna — sono frammenti di rilievi ercinici formatisi tra 450 e 280 milioni di anni fa quando l’area si trovava all’Equatore... Questo cammino dei massi glaciali per noi è più di un semplice sentiero, perciò è importante farne comprender­e la rilevanza attraverso una narrazione adatta a diffondere la conoscenza e a rafforzare il legame speciale con i luoghi», riflette Avogadri, mentre arriviamo a San Defendente, dove, prima di uscire alla luce del grande paesaggio, si ferma a salutare uno dei giganti di roccia che da immemore tempo è presenza amichevole e amata da chi si reca in visita ad ascoltare il battito di questa bellezza, prezioso strumento di orientamen­to per non smarrire la via del dialogo con la Terra.

Questo cammino tra i massi glaciali per noi è più di un semplice sentiero. È importante farne comprender­e la rilevanza attraverso una narrazione adatta a diffondere la conoscenza e a rafforzare il legame speciale con questi luoghi

Aldo Avogadri Museo civico di Scienze naturali di Lovere

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 ??  ?? GigantiSop­ra, il professor Avogadri al masso 1 del Sentiero didattico sul Monte Nà; a sinistra e sotto al masso Verrucano. I massi furono trasportat­i qui dal ghiacciaio lungo la faglia del Grigna dove oggi si trova il fiume Oglio
GigantiSop­ra, il professor Avogadri al masso 1 del Sentiero didattico sul Monte Nà; a sinistra e sotto al masso Verrucano. I massi furono trasportat­i qui dal ghiacciaio lungo la faglia del Grigna dove oggi si trova il fiume Oglio
 ??  ?? Le «lingue» del ghiacciaio A sinistra, il professor Avogadri al masso San Defendente. Nell’ovale, a sinistra, il lago d’Iseo, che fu ghiacciaio, e, a destra, l’altra «lingua» del ghiacciaio che oggi è l’alta Val Cavallina, con la «boa» del Clemo in mezzo, la zona dei massi erratici
Le «lingue» del ghiacciaio A sinistra, il professor Avogadri al masso San Defendente. Nell’ovale, a sinistra, il lago d’Iseo, che fu ghiacciaio, e, a destra, l’altra «lingua» del ghiacciaio che oggi è l’alta Val Cavallina, con la «boa» del Clemo in mezzo, la zona dei massi erratici
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