Ciclismo, il ds Algeri: «Ecco come l’Italia può ripartire»
Il ds su due ruote da Bugno a Yates Algeri si racconta: «Investimenti e idee Il nostro ciclismo può tornare grande»
Due anni fa, il trionfo di Mathew Hayman alla Roubaix e gli squilli di Chavez al Giro, alla Vuelta e al Lombardia gli regalarono il Timone d’Oro, riconoscimento che i direttori sportivi italiani assegnano al collega più meritevole. «Un premio alla carriera, o forse un modo elegante per dirmi che è ora di farsi da parte dopo 50 anni», affermò sminuendosi Vittorio Algeri, allora 63enne. A distanza di 24 mesi, però, il ds di Torre de Roveri potrebbe ambire nuovamente al Timone: il 2018 è stato un anno d’oro per la Mitchelton-Scott che ha ottenuto 35 successi, tra cui il titolo europeo con Matteo Trentin e la Vuelta con Simon Yates.
«Sì, è stata una bella stagione, ma non costringetemi a tornare sotto i riflettori», mette le mani avanti il bergamasco, abituato a cedere la scena ai suoi campioni: da Laurent Fignon a Tony Rominger, passando per Bugno, Leblanc, Gotti e Garzelli. E alla lista si è aggiunto Yates: dopo aver sfiorato la maglia rosa, ha centrato in Spagna la prima vittoria in una grande corsa a tappe. «Dopo la crisi nelle ultime tappe del Giro, alla Vuelta non voleva fare classifica — ricorda Algeri —. Lo abbiamo dovuto convincere, ma senza insistere: forse la minor pressione gli ha permesso di centrare la vittoria». Un successo che consacra la scuola inglese: da un decennio eccelsi in pista e ora dominatori pure nelle corse a tappe, con Froome, Thomas e i gemelli Yates. «Oltre a una generazione di fenomeni, sta raccogliendo i frutti di investimenti mirati», spiega Algeri, che sottolinea come anche l’Australia sia cresciuta grazie ad ambiziosi progetti, come l’Ais di Gavirate, una Coverciano del ciclismo che permette ai loro atleti di allenarsi e gareggiare in Italia e in Europa.
«Con il World Tour il ciclismo si è globalizzato e ha visto i suoi costi lievitare — spiega —. Quindici anni fa un team competitivo come la Milram era formato da 25 persone tra atleti, staff e dirigenti; ora tra formazione continental, femminile e maschile, la Mitchelton-Scott ha in organico 80 dipendenti» E l’Italia quanti soldi deve mettere sul piatto per competere a questi livelli? Secondo Algeri non così tanti. «È bastato il velodromo di Montichiari per farci fare un salto in avanti», sottolinea il ds, ricordando la crescita di Viviani o di promesse come Consonni, Paternoster e Guazzini. «Con la nuova struttura di Spresiano e il rilancio, anche se solo estivo, del Vigorelli, le cose miglioreranno ulteriormente».
In attesa delle strutture, l’Italia si appresta a vivere settimana prossima i Mondiali di Innsbruck, ancora una volta con più speranze che certezze. «Avremmo preferito arrivare alla prova iridata con Nibali e Aru in condizioni diverse — afferma Algeri —. Tuttavia non partiamo sconfitti: la Vuelta, per quanto avara di risultati, ha permesso alle nostre punte di mettere ritmo nelle gambe; se recupereranno bene questa settimana, in Austria potrebbero sfoggiare il giusto colpo di pedale».