Moltrasio: «Disponibile a ricandidarmi in Ubi»
Moltrasio: la provenienza geografica non dovrà incidere «Disponibile a ricandidarmi: dipende da chi me lo chiederà»
Si potrebbe chiamare lo Zibaldone di Moltrasio. Se non sono le 4.526 pagine di Leopardi, poco ci manca, considerata la mole di fogli che il presidente del Consiglio di Sorveglianza ha sottobraccio.
«È stato fatto un lavoro enorme, di cui siamo molto soddisfatti, ma non è finito», attacca riferendosi al percorso di evoluzione del modello governativo e organizzativo che ha portato alla proposta di adozione del modello monistico su cui si esprimerà l’assemblea degli azionisti di Ubi, venerdì 19 ottobre, alla Fiera di via Lunga.
A cosa si è ispirato questo cambio? A snellire il governo della banca o a favorire una maggiore partecipazione?
«Entrambe le cose, tenendo presente che l’assemblea degli azionisti approverà il bilancio. In Italia il duale non è stato capito, e questo perché spesso i due consigli erano composti da persone della stessa “specie”, salvo formare un consiglio di gestione, dal 2016, con una maggioranza di consiglieri manager. Ora si apre una fase nuova, su cui — proprio per il modello che abbiamo scelto — non c’è giurisprudenza. Nella visione europea, i controlli devono avvenire ex ante e non solo ex post, cosa che può essere fatta meglio in un unico consiglio. Questa è la novità». In dieci anni la banca è cambiata radicalmente.
«Personalmente sono orgoglioso di quello che abbiamo fatto, passare da popolare a banca integrata è stato un salto. La scelta giusta, sono convinto, era quella di accompagnare il modello cooperativo a quello ad azionariato diffuso. Ad un certo punto mi sono reso conto che gruppi organizzati di poche centinaia di soci avrebbero potuto prendere le redini della terza banca del Paese, senza avere né capitali, né competenze né valutazione del rischio. Una cosa che Visco ha sempre sostenuto. Sul decreto di trasformazione ero a disagio, non amo le cose fatte di fretta, ma la strada era obbligata da 20 anni. La spa ci ha permesso poi di fare la banca unica. Sono molto affezionato al mio freccione (indica la slide in cui si vedono i passaggi di razionalizzazione del gruppi, ndr)». Questo cosa significherà per la clientela normale, quella che non sa nulla di Cet 1 e va in banca per semplici operazioni?
«È un cambiamento che porterà a decisioni più rapide e condivise, facilitando i rapporti con la banca nei vari procedimenti». L’ok ultimo della Bce sullo statuto è arrivato il 24 agosto. Che ritocchi vi ha chiesto?
«Soprattutto la parte di controllo e bilanciamento dei poteri. Se nel duale sono distinti, quando collassano all’interno di un unico consiglio occorre fare attenzione alla ridistribuzione dei ruoli. Ad esempio, oggi noi abbiamo un comitato di direzione piuttosto “leggero”, di tipo consultivo mentre quello che arriverà sarà un comitato fatto di manager con procure decisionali. Altro elemento il rafforzamento del ruolo del presidente». Meno nastri e inaugurazioni?
«Non sarà un presidente che stringe le mani, ma una figura chiave in grado di organizzare le idee, in un’ottica di maggior dialettica con il consigliere
delegato. Dovrà avere un’alta competenza tecnica e lavorare a tempo pieno per la banca, interpretando nella supervisione strategica quel bilanciamento dei poteri che oggi è appannaggio del Consiglio di Sorveglianza». In pratica quello che lei ha fatto negli ultimi sei anni.
«Sì, ma io l’ho fatto con un gruppo di consiglieri, mentre qui stiamo parlando di una persona singola che dovrà incarnare tutti questi elementi. La Bce è molto severa, chiede per la prima carica il requisito di 10 anni di esperienza in attività finanziarie o intermediagani rie. La managerialità bancaria deve avere competenze tecniche quanto mai specifiche, immesse in un’organizzazione che si muoverà nel segno della collaborazione e della flessibilità. Anche le competenze trasversali avranno, nell’ambito del cda, la loro importanza. Il mio motto è questo: train for attitude and recruit for skill (assumere per attitudine e reclutare per abilità, ndr)». Come sarà questo consiglio?
«I cda non sono più organi di rappresentanza, questo deve essere chiaro. Ma sono or-
di lavoro, una squadra in cui tutti sono chiamati ad adattarsi nel segno della cooperazione, infilandosi la maglia aziendale. I consiglieri rappresenteranno la banca e non il mondo da cui provengono». Occorrerà fare i conti anche con un processo di valutazione dirimente.
«Stiamo elaborando un regolamento in questo ambito che, da un lato, ha come riferimento le linee guida della Bce e dall’altro tiene conto di una nostra evoluta normativa interna che, rispetto alla normativa vigente, amplia il perimetro dei potenziali conflitti di interesse da gestire. È la prima in Europa ed è molto stringente. Per statuto due terzi dei consiglieri dovranno essere indipendenti e questo riduce il numero dei papabili al ruolo. Scherzando, più che ai cacciatori di teste, per trovare i candidati ci si dovrà rivolgere al Wwf, in considerazione della rarità dei profili». Meno consiglieri e meno su di età.
«Abbiamo messo il limite anagrafico a 75 anni. Ripensandoci forse avremmo dovuto abbassarlo, arrivare ai 65 e inserire un paio di consiglieri 35enni, generazioni tecnologicamente avanzatissime di cui avvertiamo l’importanza. Ma a quell’età i 5 anni di esperienza non ci sono». Nella carta d’identità dei consiglieri, oltre l’età, c’è anche
❞ Non sarà un presidente che stringe le mani, ma un grande tecnico che lavori a tempo pieno Andrea Moltrasio presidente Cds Ubi Banca
❞ Scherzando, per trovare i candidati consiglieri, più che ai cacciatori di teste ci si dovrà affidare al Wwf per la rarità dei profili
❞ Il processo in corso? non so quanto peserà. Bankitalia non si è costituita parte civile: un segnale fortissimo e di grande coraggio
la residenza.
«Premesso che credo molto nell’alternanza dei ruoli, ritengo che sarà necessario uscire da una logica territoriale, alla quale peraltro siamo tutti molto affezionati. Oggi servono competenze e la differenza la farà l’apertura mentale dei soci. Suggerirei di dimenticare la carta d’identità». Un suggerimento che verrà accolto?
«Non posso dirlo. Si aprirà un dibattito che mi auguro porti a una composizione dei vari elementi in gioco. La nostra banca ha una situazione variegata, con due Fondazioni, il Patto bresciano in cui rientra la Fondazione di Pavia e un Patto bergamasco». Dove c’è un po’ poco.
«Ma le cose vanno anche pesate. Mi auguro che l’accordo possa essere trovato per mantenere questo zoccolo duro. Se non ci sarà accordo, si troveranno altre forme di aggregazione. Nel nostro caso il consiglio non farà una lista e questo pone altre questioni di profilatura dei candidati e di tempi da rispettare. Una volta eletto, la Bce avrà tempo 4 mesi per dare l’imprimatur al nuovo consiglio». Sulla base di criteri stringenti.
«Il tempo da dedicare, l’esperienza maturata e i procedimenti giudiziari in corso. Elemento quest’ultimo su cui ciascuno dovrà fare delle valutazioni». Quanto peserà il procedimento in corso?
«Non posso dirlo, certo è che lo chiederò alla Bce nell’interesse della banca. Riterrei inaccettabile fare scelte che poi la Bce ritenesse impraticabili, fermo restando che, con un procedimento che sta invecchiando, credo che si siano fatti un’idea in proposito. Banca d’Italia che non si è costituita parte civile è a mio avviso un segnale fortissimo e coraggioso». Lei si è dichiarato disponibile a ricandidarsi a fronte di determinate condizioni: quali?
«Che da parte degli azionisti ci sia un progetto accattivante a cui possa essere chiamato a contribuire. E poi conterà chi eventualmente mi chiederà di candidarmi». Rifarebbe tutto quello che ha fatto?
«Guardo sempre avanti. A me piace l’operatività, mentre qui ho dovuto mettere in pista altre cose, mediare, essere super partes, mettere tutti intorno al tavolo. Forse sono diventato presidente troppo presto. Per questo ruolo, poi, in riferimento al procedimento, ho pagato un prezzo di sofferenza». A proposito di sofferenza, basta guardare il titolo.
«Non sono giorni facili». Qual è il limite dell’asticella spread per Ubi?
«Ritengo la situazione ad alto rischio per tutti. I trecento punti sono già un livello inaccettabile: significa che i mercati hanno perso quello che le banche comprano e vendono e cioè la fiducia. Chi pagherà, alla fine, saranno i correntisti, gli azionisti e i risparmiatori». Un eventuale successo dei populisti in Europa potrebbe acuire o frenare questa tendenza?
«Rimango un europeista convinto. Uno choc forse potrebbe chiarire le idee a tutti, ma da qui a maggio passerà parecchia acqua sotto i ponti. Nella speranza che non crollino».