Colao: aiutiamo i giovani a ritrovare l’autostima
Il manager e le riflessioni sull’alternanza scuola-lavoro
Giù dal palco, attorniato dai ragazzi in felpa blu di Bergamo-Scienza che vogliono stringergli la mano, Vittorio Colao tira le fila dell’incontro. È il primo a Bergamo organizzato da Fondazione Pesenti e Fondazione Corriere della Sera sul tema Scuola-Lavoro. «È il gradito ritorno nella nostra città, un impegno che avevo chiesto all’ingegner Carlo Pesenti e che è stato mantenuto», introduce il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori. Se, come anticipa Dario Di Vico, editorialista del Corriere, «una telefonata con Colao è un privilegio» un incontro lo è dieci volte di più. «I giovani avvertono un pessimismo eccessivo intorno a loro, mancano di autostima — riassume Colao —. Il nostro compito è di aiutarli a tirargliela fuori, questa autostima mancante».
Il piglio è deciso, il tono dell’ex ad di Vodafone («non faccio più il mio lavoro da nove giorni ma cose da fare, anche come questa, ne ho comunque moltissime», precisa) è netto e perentorio, ma nello stesso tempo incoraggiante. Nel corso della sua trentennale carriera di manager ha incontrato giovani in tutti i Paesi del mondo e anche quelli bergamaschi, con cui ha dialogato, gli hanno lasciato un segno. Si capisce che lo scambio è per Colao una linfa vitale e questo spiega un dato su cui la platea ha sgranato gli occhi. «Dai 5 mila giovani in Vodafone, quando sono arrivato io, siamo arrivati a 20 mila ragazzi che, una volta l’anno, sono entrati con vari step e percorsi in azienda. Anche a chi si è fermato per sole due settimane abbiamo assegnato una mail aziendale e l’elaborazione di piccoli progetti. Una soddisfazione per noi e per loro. L’alternanza scuola-lavoro, l’integrazione tra questi due mondi è una cosa ancora complicata ma che va nella giusta direzione. La giudico positivamente».
Anche alla lubrificanti Bellini di Zanica, del patron Alberto — che ha lasciato ai figli l’azienda —, sono arrivati ragazzi dell’alternanza che, tra le varie mansioni, hanno svolto la più classica. «Hanno fatto le fotocopie, ma nessuno di loro ha guardato che cosa ci fosse scritto sopra quei documenti. La curiosità — chiarisce il dottor Bellini — è il sale delle cose e spetta anche a noi imprenditori saperla instillare nei ragazzi». Agli imprenditori Colao lancia un messaggio chiaro: «Non assumere giovani vuol dire ridurre il tasso di innovazione e di ottimismo in azienda. Devono poter contare su un posto non fisso, ma stabile». Daniela sorride. «Sentirsi dire da Colao che noi giovani italiani siamo delle bombe come gli altri, mi ha fatto piacere».
Una piccola dose di autostima e ottimismo è stata inoculata, contribuendo ad alleggerire un quadro dove molte cose, affermano sinceramente i ragazzi, non funzionano. C’è chi propone dei cambiamenti nelle aziende dove si trova ad operare e viene stoppato subito. «Ma tu devi avere fiducia nella tua mente», rincuora Colao. E pure chi ritiene poco o per nulla utile un’esperienza di studio all’estero. Non si parla di Nuova Zelanda o Australia, ma perfino sei mesi in una nazione europea vengono considerati ininfluenti per la propria formazione. Interventi che Colao ribalta in chiave ottimista. «Ma l’Europa — rassicura il dubbioso ragazzo — è una grandissima dimensione dove si possono sperimentare conoscenze ed opportunità in pace. E poi la sperimentazione la si fa quando si è giovani». Quindi un caldo consiglio: «Dovete fare il passo più lungo della gamba, osare. Non pensate di non poter cambiare il mondo, c’è sempre uno spazio di spinta. Prendete in mano il vostro futuro e, soprattutto, fate sentire la vostra voce».
Il Colao-pensiero sul tema del futuro lavorativo delle giovani generazioni racchiude un’infinità di aspetti sovrastati da quella che ritiene la priorità: «Dobbiamo dare loro le stesse opportunità che ho avuto io ai miei tempi e riportare i giovani e la scuola, in particolare l’università, al centro dell’attenzione».
❞ La fiducia I giovani oggi avvertono un eccessivo pessimismo, dobbiamo aiutarli a tirare fuori l’autostima
❞ Le assunzioni Rinunciare ad assumere giovani significa ridurre il tasso di ottimismo e innovazione in azienda