Ultimo verdetto dopo due ergastoli Bossetti invoca un nuovo test del Dna
Oggi a Roma l’udienza di Bossetti: il Dna e la perizia al centro del ricorso La visita di Marita in carcere: era teso
«Fatemi fare la perizia sul Dna, se fossi colpevole sarei un pazzo a chiederla». Massimo Bossetti, condannato anche in Appello all’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio, l’ha invocata più volte. Anche in Cassazione, oggi. I suoi avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini chiedono che la sentenza venga annullata, per questa e per altre 22 questioni: il no alla perizia non è stato motivato, sostengono. Il carpentiere, 48 anni il 28 ottobre, non ci sarà, non è previsto in Cassazione. La moglie Marita Comi è andata a trovarlo in carcere, era teso.
Domanda: all’imputato è stato negato un diritto? La parola «perizia» ritorna 60 volte nelle 644 pagine del ricorso della difesa e 41 volte nelle 376 pagine delle motivazioni d’Appello. Che se ne sia discusso è evidente. E lo è, hanno concluso i giudici, il motivo per cui non è stata concessa. «L’approfondimento dell’istruttoria sul punto palesa come non decisivo ogni ulteriore approfondimento», scriveva l’Assise di Bergamo. Si può tradurre così: «La prova del Dna è certa». È esattamente quello che contesta la difesa: non sono stati rispettati i protocolli internazionali sulle analisi, dai kit per i test scaduti alle controprove, il Dna «non è nemmeno un indizio».
Eppure il Dna è il timbro a due ergastoli. I giudici di Brescia hanno confermato quanto sentenziato a Bergamo, alla luce dello scarso contrasto tra la tesi dell’accusa e quella della difesa (a favore della prima), della comparazione tra le consulenze del pm e le obiezioni degli avvocati, delle ammissioni dei consulenti stessi di Bossetti sui risultati e della «radicalmente scongiurata» contaminazione della traccia. La difesa obietta su tutto: le regole delle analisi non sono state rispettate, i risultati non tornano, c’è stata contaminazione, il Dna nucleare fa a pugni con il Dna mitocondriale.
Il mitocondriale, appunto, è stato uno degli argomenti più dibattuti. Nella traccia mista con il sangue di Yara non c’è quello di Bossetti. Ma due sentenze hanno «certificato» che solo il nucleare identifica un soggetto. Il mitocondriale indica la linea materna, ma è un argomento scivoloso perché ancora poco studiato. Di solito non si analizza nemmeno. Qui lo si è tentato per cercare la madre, trovata poi con il nucleare. La storia di questa indagine, unica per le migliaia di prelievi del Dna, passata per l’autista Giuseppe Guerinoni scomparso nel 1999 e ritenuto il padre naturale dell’assassino, è arrivata alla «deflagrante evidenza di dati incontrovertibili», si legge nella sentenza. Cioè che Guerinoni è il padre di Bossetti, che Ignoto 1 (così venne ribattezzato il killer che lasciò il suo Dna su Yara) è Bossetti, che il Dna è unico per ciascun essere vivente. La possibilità di sbagliare è di 1 su 20 miliardi.
Nemmeno i consulenti della difesa l’hanno smentito, scrivono i giudici. È una delle affermazioni più contestate dagli avvocati. La Corte ha «travisato», obiettano: la loro genetista Sarah Gino in aula non negò gli esiti sul Dna solo perché stava leggendo il lavoro di altri. Accertò lei, però, su incarico privato della famiglia, che Massimo Bossetti non è il figlio naturale di Giovanni Bossetti (scomparso nel 2015), l’uomo che l’ha cresciuto. Un mantra fa da sfondo al processo: «La difesa non ha partecipato agli accertamenti». Da qui la richiesta della perizia, anche solo sugli atti. Anche, perché rimane un dubbio. Se mai venisse disposta, ci sarebbe ancora del materiale da analizzare? No, dice la sentenza d’Appello. Il genetista Giorgio Casari del San Raffaele testimoniò il contrario, dice la difesa. Non è chiaro se sia rimasto materiale sufficiente a nuove analisi per qualità e quantità. La parte migliore, emerse in primo grado, è stata utilizzata. In modo «incolpevole» per tentare ogni accertamento, scrissero i giudici di Bergamo. Vedi il mitocondriale. «Inutilmente — criticano gli avvocati — per esercizio sperimentale».
Due ergastoli I giudici di 1° e 2° grado l’hanno condannato. In 644 pagine la difesa contesta tutto