Camionisti a 4 euro l’ora
Pratica in uso da due anni fra Dalmine e Pedrengo Controlli di Ispettorato del lavoro e ispettori Inps
Prestavano i loro camionisti a un’altra ditta, lasciando ai dipendenti un compenso di quattro euro l’ora. Per questo due titolari di una ditta di logistica di Pedrengo (e l’amministratore di una spa di Dalmine loro cliente) sono indagati per caporalato.
Salivano sul camion, si mettevano al volante e ci stavano anche dieci ore di seguito. Per soli 4 euro l’ora, perché il resto dello stipendio lo teneva l’azienda che li aveva «prestati» a un’altra ditta. Proprio l’esiguità dello stipendio accettato dai camionisti viene ritenuta una prova del loro stato di necessità ed è un elemento in più per l’accusa di caporalato che viene rivolta a chi li faceva lavorare.
Al centro delle indagini dei carabinieri dell’Ispettorato del lavoro e degli ispettori Inps è una ditta individuale di Pedrengo: è intestata a una ragazza pakistana di 26 anni ma sarebbe in realtà di proprietà del padre cinquantenne. L’azienda si occupa formalmente di logistica, ma non è proprietaria di nessun camion: ha a libro paga quattro autisti che invia su richiesta ad altre ditte. Secondo gli inquirenti coordinati dal pm Nicola Preteroti negli ultimi due anni una spa di Dalmine si rivolgeva all’azienda di Pedrengo quando aveva bisogno di camionisti. E arrivavano così i quattro, tre pakistani e un indiano, che per il loro servizio ricevevano 4 euro l’ora, a fronte di un compenso da contratto nazionale che è invece di 12 euro. Non si è ancora capito quanto la spa sborsasse in realtà, ma almeno la metà della somma veniva trattenuta dai titolari dei camionisti.
La situazione configura secondo gli inquirenti il reato di caporalato, visto che esistono gli elementi di intermediazione illecita, sfruttamento e approfittamento dello stato di bisogno. Quest’ultimo è di solito complicato da identificare, ma proprio il fatto che i camionisti fossero disposti a sobbarcarsi lunghi turni di lavoro per uno stipendio così misero sarebbe, per gli inquirenti, la prova che lo facevano perché non avevano altra fonte di reddito. Gli indagati sono quindi il padre e la figlia titolari della ditta di Pedrengo e l’amministratore dell’azienda di Dalmine, che secondo gli inquirenti sapeva della situazione dei camionisti.
In questo momento il pm ha avvisato gli indagati della conclusione delle indagini.
I trasportatori Per Bendotti (Fai) «questa è solo la punta dell’iceberg di ciò che avviene nel settore»
«Come anche nel caso dell’indagine sullo sfruttamento nella “valle della gomma” della Val Calepio ci siamo scontrati con comunità, come quelle indiana e pakistana, che sono molto chiuse e non collaborano facilmente con gli inquirenti — racconta Carlo Colopi, capo dell’Ispettorato territoriale di Bergamo —. Tanto è che vero che lo spunto iniziale per l’indagine dei camionisti è venuto da una segnalazione esterna e non dai diretti interessati, proprio come nel caso della Val Calepio siamo partiti da indagini giornalistiche. Nel caso dei camionisti, l’eventuale rinvio a giudizio sarebbe il primo per caporalato in provincia di Bergamo».
«Questa è solo la punta dell’iceberg di quello che succede nel settore — commenta il segretario provinciale della Federazione autotrasportatori Doriano Bendotti —. Con il mercato e il costo del lavoro di oggi sono tante le aziende che se ne approfittano. Di fronte ai prezzi bassi praticati da certe ditte di logistica ci si chiede come facciano. E visto che sul prezzo di carburante, autostrada e assicurazioni non si può intervenire, è ovvio che si va limare sul costo dei lavoratori. Si crea così una situazione di concorrenza sleale a danno di cui fa tutto in regola». «Abbiamo messo il naso in qualcosa di grosso — conferma Colopi —. Il numero di aziende di logistica che hanno la propria sede legale in provincia di Bergamo è altissimo e quindi il fenomeno va attentamente monitorato».