Corriere della Sera (Bergamo)

Quei giudici da divano ora tacciano

- Cristiano Gatti

Senza nulla sapere di milioni di pagine e di intere nottate d’investigaz­ione, l’ignoranza sale in cattedra ed emette sentenze assolute, pro o contro, viscerali e sanguinose, senza lasciare mai il minimo spiraglio aperto a quel tarlo fondamenta­le e vitale che il grande demiurgo ha concesso soltanto all’uomo, il dubbio. E ancora adesso, nel momento definitivo di una sentenza irrevocabi­le, le certezze del tifo sono persino più aspre e caciarone, perché ormai l’ignoranza è arroganza, e non permette più a nessuna verità, a nessun ragionamen­to, a nessuna logica, di spegnere le urla. L’importante, ancora adesso, non è che vinca la ragione, ma avere ragione. A qualunque costo, anche contro l’evidenza. E se qualcuno ha qualcosa da ridire, prego, si candidi alle elezioni e raccolga i voti… Bisognerà aspettare del tempo perché un po’ di silenzio cali sulla tremenda storia di Yara. Sarà solo il tempo a ricomporre un po’ di decenza, nelle curve degli ultrà. Quando i leoni da tastiera e i telecrimin­o-logi a gettone passeranno ad altre guerre, su questo caso si potrà finalmente mettere la parola fine. E solo allora, facendosi largo tra le rovine, come sempre riaffiorer­à finalmente la speranza,

l’unico motore incorrutti­bile della nostra vita. Persino Bossetti potrà sperare che con ravvedimen­ti e buone condotte, magari tra una dozzina d’anni (come insegna l’esperienza), riuscirà ad assaporare di nuovo l’aria buona della libertà, benché limitata, benché vigilata: piaccia o non piaccia, queste sono le regole italiane. Per quanto ci riguarda, noi tutti giudici da divano, avremmo invece da subito un compito per niente facile, in coda al reality: nel mezzo del disumano marasma, ci sono pur sempre i tre figli di Bossetti, tre ragazzini che hanno davanti un’esistenza poco invidiabil­e, a dire niente. Se almeno si riuscisse a salvare loro, da tutto questo caos deprimente, sarebbe un primo motivo di riscatto generale. Ma non è sicuro che ne siamo ancora capaci.

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