Gli irriducibili del processo a Roma
Sono arrivati con un maxi lenzuolo bianco, che hanno srotolato e appoggiato a favore di telecamere e macchine fotografiche davanti alla Corte di Cassazione: «Vogliamo la verità. Bossetti innocente». Sono gli irriducibili innocentisti. Due affezionatissi-mi, più un loro amico, che si sono presi la briga di pagarsi un treno da Bergamo a Roma, per assistere all’udienza. Tutta, uno con un blocknotes formato A4 appoggiato sulle gambe su cui ha preso appunti. Affezionatissimi lo sono nel vero senso della parola, a Massimo Bossetti. Da anni gli scrivono delle lettere. «Certo che risponde, ci scriviamo cosa facciamo, come va...». Uno di loro è diventato quasi di famiglia. Ha comprato la Volvo V40 dell’imputato. «Sì, sì, la macchina funziona, ha solo un problema al cambio». Ha partecipato anche al funerale del papà dell’imputato, Giovanni Bossetti, a Natale 2015. Lui e l’altro «amico» non si sono persi un’udienza, in primo grado, pronti a ricambiare con la mano il cenno di saluto dell’imputato. Ma non sono gli unici irriducibili. Tra il pubblico in Cassazione si sono sedute anche due ragazze, che, anche loro, non si sono perse molte udienze a Bergamo. C’erano anche a Brescia, in appello. Sono sul fronte opposto, però. Credono che Bossetti sia colpevole. Come a Bergamo anche a Roma la distanza tra innocentisti e colpevolisti si è vista nei posti a sedere. Gli uni a destra, le altre a sinistra. Battibecchi e discussioni non sono mancati, soprattutto in primo grado. Sono solo 4 in tutto, gli irriducibili, su un gruppo che aveva vissuto il processo quasi come una questione personale. Sono la conferma di quanto questo processo abbia unito e diviso. (g.u.)